#RomaFF14 – L’agnello, di Mario Piredda

Piredda porta i personaggi e i loro legami in primo piano per raccontare in modo intimo e sincero un’umanità abbandonata e una realtà destinata a ripetersi

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Anita, diciassette anni, vive in Sardegna con il padre malato di leucemia e in attesa di trovare un donatore. Né la figlia né il nonno sono compatibili e con il fratello, Gaetano, non si parlano da anni. Anita decide di andare dallo zio per sanare il rapporto e convincerlo a cambiare idea.

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Talentuosa e con una presenza che acquista corpo sulla scena, Nora Stassi è la protagonista di quest’esordio firmato da Mario Piredda e presentato in Concorso ad Alice nella città. Il suo è il personaggio di una ragazza determinata, forte solo all’apparenza, sensibile e ancora ingenua; costretta ad avere le spalle larghe da quando la madre si è ammalata ed è venuta a mancare, e messa di nuovo davanti a un ostacolo che, sì, è più grande di lei. Il padre (Luciano Curreli) sta continuando con la chemioterapia e il nonno (Piero Marcialis) fa quel po’ per sostenerli. Alla loro famiglia si aggiunge un agnello che ha perso la madre e non ne vuole sapere di mangiare; l’animale diventa parte della loro quotidianità in quello che è un racconto intimo e sincero di un’umanità abbandonata.

Piredda filma i personaggi in ampi spazi aperti, desertici, abitati da pastori che non sanno più cosa sia la fede (“Da quanto non ti appare più la Madonna?”) e che vivono come fuori dal tempo e dalla storia: sono pochi gli elementi moderni che ci riportano al presente (l’ospedale, un hotel) e anch’essi vengono rappresentati con tratti essenziali, di anonimato, creando una profondità che porta i personaggi e i loro legami in primo piano. Da una parte il rapporto di una giovane donna che si rivolge al padre chiamandolo per nome: Jacopo è il suo compagno di scherzi, l’amico con cui si può fumare una canna, l’uomo che da piccola la faceva ridere e che adesso ha bisogno di lei. Dall’altra ci sono due fratelli ostili l’uno con l’altro, che non riescono ad accettare errori e colpe del passato.

Piredda pesa le parole e fa parlare le immagini: un tramonto che è uno spettacolo degno di applausi, una prova generale per le statuine viventi del presepe, una danza che è gioco di ombre seducente. La narrazione non pretende di esaurire il significato e anzi, di alcune questioni restano soltanto tracce, accenni sparsi (l’odio di Anita nei confronti dei militari) che lo spettatore pian piano può tentare di ricostruire dando una propria interpretazione. È quando il regista si abbandona a questa libertà visiva ed espressiva, non estetica, che il film trova la sua dimensione più autentica di racconto di una realtà destinata a ripetersi.

 

Regia: Mario Piredda
Interpreti: Nora Stassi, Luciano Curreli, Pietro Marcialis, Michele “Dr. Drer” Atzori
Distribuzione: Articolture. In collaborazione con MODIS – Moderno
Durata: 97′
Origine: Italia, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.67 (6 voti)
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