"Scacco pazzo", di Alessandro Haber

La prima prova registica di Alessandro Haber risente della propria provenienza teatrale. La macchina da presa rimane incollata agli attori, soprattutto ad Haber che esibisce tic, follie, grotteschi giochi messi in scena nel suo corpo segnato e ostentato, disegnando un "kammerspiel" riuscito solo in parte.

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Una partita a scacchi tra due nevrosi, tra due patologie, giocata in una buia, vecchia casa, che porta i segni del tempo e della trascuratezza in cui vivono, due fratelli che condividono un trauma. Siamo alla fine degli anni Ottanta, indicati dalla tv con il crollo del muro di Berlino e il salto in alto record di Stefka Kostadinova, qualche anno prima un tragico incidente in cui hanno perso la vita la madre dei due e la promessa sposa di Antonio (Alessandro Haber). Lui, musicista, artista e istrione, da quel momento è regredito all'infanzia, gioca con i soldatini e le bambole di pezza, disturba i vicini con le sue intemperanze. Il fratello, Valerio (Vittorio Franceschi), invece è divorato dai sensi di colpa per essere stato alla guida dell'auto uscita di strada: tiene Tonino in casa invece di portarlo in un istituto, e crea un universo di travestimenti e maschere per calmare le crisi del fratello. Infatti si traveste da padre, con un cappello e un naso finto, quando si tratta di comminare punizioni; da madre, con un grembiule e una parrucca grigia, per fare le faccende di casa, o da Elisabetta, parrucca bionda e vestito insanguinato. Le due patologie si confrontano, ma soprattutto mettono in gioco anche due mondi alle spalle: quello piccolo borghese di Valerio, gestore di una cartoleria ereditata dai genitori, alle prese coi conti, la solitudine, le lamentele del condominio e una vita, in fondo, misurata con i cucchiaini del caffè. La regressione all'infanzia di Antonio, invece, grottesca nell'incarnazione del corpo di Haber, allo stesso tempo liberatoria e senza schemi, riflette l'estro dell'artista, alla disperata ricerca del recupero di un senso prendendo in prestito uno sguardo innocente perduto, una poesia degli oggetti.

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In questo sistema ben oliato, irrompe la nuova fidanzata di Valerio, Mariella (interpretata dalla brava Monica Scattini), elemento estraneo che si trova prima a guarire Valerio dal grigio della sua esistenza, poi viene affascinata da Tonino, dalla sua innocenza senza peli sulla lingua, e alla fine si trova a essere l'unica veramente "guarita" da questa esperienza.


La prima prova registica di Alessandro Haber risente della propria provenienza teatrale, da una commedia del coprotagonista Vittorio Franceschi portata in scena dagli stessi tre attori sotto la direzione di Nanni Loy (a cui è dedicato il film, assieme al padre di Haber e a Pietro Natoli). La macchina da presa rimane incollata agli attori, soprattutto ad Haber che esibisce tic, follie, grotteschi giochi messi in scena nel suo corpo segnato e ostentato, disegnando un kammerspiel riuscito solo in parte. Efficace se si seguono le trasformazioni degli attori, i loro primi piani nelle metamorfosi coatte, nei tic, negli sguardi persi. Meno riuscito nell'opposizione dicotomica tra i due modi di vita dei due fratelli, didascalicamente testualizzata in uno scambio di battute, appunto sugli scacchi. "Tu segui regole e regoline, io invece ci passo sopra!" sbotta Antonio dopo che il fratello gli aveva rinfacciato di perdere sempre agli scacchi. È in questa opposizione di stili di vita tratteggiata schematicamente il difetto del film. Attraverso il sovraesposto Haber si cerca una poesia troppo facile, fatta di un'ostentata ricerca di uno sguardo ingenuo sul mondo, aggirando qualsiasi ostacolo e quindi mettendola in bocca ad un bambino cresciuto. Egli fa quindi le veci del giullare, che si chiede "Se Dio abbia o no un ombelico", oppure insegna filastrocche per far passare il "prurito al cuore". La guarigione di Mariella passa attraverso questi suggerimenti del pazzo, nel capire come dire sì alla vita, attraverso una "fantasia feroce", per riuscire a scappare da quell'appartamento ormai putrefatto. La conseguente condanna della piccolezza di Valerio suona troppo altisonante, troppo convinta e fastidiosamente eroica. "Tu sei un onesto, maschio adulto incolume" "Ed è un delitto?" "Si, è un delitto" è il dialogo che suggella l'epilogo. Forse troppo accesa, convinta, facile la risoluzione di un mondo nevrotico in una fuga verso la realtà, seguendo le orme di un finto bambino.


 


 


Regia: Alessandro Haber
Sceneggiatura: Vittorio Franceschi, Alessandro Haber tratto dall'omonima opera teatrale di Vittorio Franceschi
Fotografia: Italo Petriccione
Musica: Giuseppe Fulcheri, Osvaldo Bargero
Interpreti: Alessandro Haber (Antonio), Vittorio Franceschi (Valerio), Monica Scattini (Marianna)
Produzione: Giorgio e Marco Leopardi per Keyfilms
Distribuzione: Key Films
Durata: 100'
Origine: Italia, 2003


 

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