Seeyousound 2020. Ibiza – The Silent Movie, di Julien Temple

Temple racconta l’anima oscura di un Novecento sempre più devoto al dio denaro, inanellando una serie di racconti su come Ibiza è cambiata, con il suo abituale patchwork visivo e sonoro d’assalto

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«Fate attenzione a ciò che si dice riguardo Ibiza» avverte un cartello all’inizio dell’ultimo film di Julien Temple. Infatti, secondo le ricerche del cineasta inglese, la maggior parte delle informazioni storiche presenti sull’isola sarebbero false o almeno discutibili. Cristoforo Colombo è nato lì, ma non vi sono prove. Nel locale museo archeologico è conservata una testa di Tanit, dea fenicia della fertilità, ma quasi certamente si tratta di una Demetra greca. E la lista prosegue. Così l’autore di opere come La grande truffa del rock’n’roll (1980) e Il futuro non è scritto – Joe Strummer (2007) decide di raccontare la storia di questo luogo attraverso un viaggio visionario. Dalle origini fenicie del suo sviluppo al passaggio romano, dal dominio arabo alla reconquista spagnola, dalle prime villeggiature europee all’odierna cultura clubbista. Un percorso lungo secoli, narrato con un patchwork di ricostruzioni in costume, animazioni e materiale d’archivio, il tutto accompagnato dalla schizofrenica colonna sonora mixata da Norman Cook, direttore musicale del progetto.

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Niente dialoghi né voce narrante in Ibiza – The Silent Movie, ma appunto un’ora e mezza di montaggio sonoro ricco di riferimenti a generi e stili anche molto diversi fra loro, che si adatta di volta in volta al tema o al tono delle vicende raccontate nelle singole sequenze. Il risultato è un’opera muta che infondo muta davvero non lo è mai, esattamente come immaginiamo che sia l’isola di Ibiza e come crediamo che sia sempre stata dall’inizio dei tempi. Il film ironizza sul fatto che non c’è poi molta differenza fra l’incessante cicalare degli insetti dell’entroterra contadino e l’ininterrotta festa che ogni estate si svolge sulle spiagge. A Ibiza non sanno cosa sia il silenzio. A un certo punto, all’attività rurale di Tanit si è sostituito il dominio di Bes, dio egizio della danza e del piacere sessuale, il quale avrebbe scacciato ogni serpente dall’isola e creato un paradiso in Terra. E non a caso vi ci sono approdati prima gli esuli bohémien e poi le comunità hippies. Di recente, poi, con l’interesse del governo franchista, quel paradiso si è adeguato alle necessità turistiche.

Julien Temple, attraverso la vera immaginaria storia di un luogo apparentemente irrilevante, riesce a mostrarci l’anima oscura di un Novecento sempre più devoto al dio denaro e lo fa inanellando una serie di racconti su come Ibiza è cambiata nelle avide mani di industriali, mafiosi e politici. Da incontaminato scoglio fra Africa e Europa a tavoliere di un Monopoli, dove a partire dagli anni Sessanta la speculazione edilizia ha sempre mascherato interessi personali e riciclo di denaro sporco. Il regista ci era già stato verso la fine degli anni Ottanta, più o meno ai tempi del suo Absolute Beginners (1986), e ricorda un centro vitale di cultura punk che nel passaggio al nuovo millennio è del tutto scomparso, travolto dalla cronaca dello spaccio di stupefacenti e dalla rinascita in chiave extra-lusso. Ma in Ibiza – The Silent Movie c’è spazio anche per l’ironia: un cameo, la scoperta che Sid Vicious era cresciuto a Ibiza, e persino due parole su Elmyr de Hory, il falsario protagonista di F for Fake (1974) di Orson Welles, che sull’isola visse i suoi ultimi anni di vita.

Gustosissima è in particolare la ricostruzione dei primi anni Trenta, durante i quali a Ibiza si incontrarono fuggiaschi dal nazismo come il filosofo Walter Benjamin e l’artista dadaista Raoul Hausmann, il primo presentato mentre fuma la sua pipa passeggiando e il secondo giunto sull’isola con moglie e amante e impegnato a scandalizzare i locali facendo il bagno nudo nel mare. Il rappresentante del Dada, inoltre, avrebbe contribuito a formulare una nuova architettura per le abitazioni tradizionali del posto, le stesse che negli anni Settanta i figli (dei fiori) della borghesia europea affittarono per vivere il libero amore come accadeva sull’isola di Wight. Il continuo stupore che Julien Temple deve aver provato nello scoprire queste storie, diventa grazie alle sue immagini oggetto di ripetuta meraviglia per lo spettatore, ormai assuefatto al geniale lavoro di Fatboy Slim. «Non conoscevo la cultura clubbista – ha spiegato il regista -, e adesso voglio saperne sempre di più». Ma come lui stesso ha ben sperimentato, bisogna stare attenti a ciò che si dice riguardo Ibiza.

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