"Segui le ombre", di Lucio Gaudino

Un carabiniere che arriva nella provincia meridionale nel '45, una serie di delitti avvenuti qualche anno prima, dinamiche omicide racchiuse ormai nelle tombe dei morti e in figure tombali che si aggirano nella normalità portandosi dentro la putrefazione vis(su)ta. Queste le carte affidate a Gaudino, che le mischia continuamente

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Non è mai esistito un noir fuori dagli USA, ovunque questo non-genere ha assunto nomi diversi, su tutti il polar francese, e la esegesi terminale fattane da Schrader evidenzia più di tutto l'assoluta americanità e "contemporaneità" che lega una serie disparata di film girati tra la fine degli anni trenta e gli ultimi dei cinquanta. Non è mai stata una questione di luci e ambienti squadrati, né di volti in bianco/nero o dolly che si alzano sui cadaveri. In Italia pare che ultimamente si vada in direzione opposta: c'è da rilanciare l'industria? E quale fonte d'ispirazione migliore se non la Hollywood aurea degli anni del noir?

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Eppure Godard, in un angolino di dieci minuti di Venezia '02, ci aveva mostrato che il noir è più che mai del/nel mondo; noir du temps, e i fantasmi, le ombre, siamo noi, con i Fantomes di Chiveirac, gli esili corpi in controluce naturale di No quarto da Vanda di Pedro Costa, il nostro stesso farci trasparenti e bui di fronte all'impossibilità di schermare il passato/presente della trilogia italianissima di Huillet/Straub che ci attraversa impassibile.


La premessa sembra necessaria non per contrapporre nomi o stili che con gli autori di Segui le ombre hanno poco a che vedere, ma per chiarire posizioni diverse, sguardi che non si incrociano senza che ci siano dei "colpevoli". In questa storia che gli sceneggiatori Mario Brenta e Angelo Pasquini, ispirati dai delitti avvenuti ad Alleghe (Belluno) negli anni trenta, ambientano in una imprecisata costiera del napoletano, c'è un'evidente cinedipendenza, un bisogno di (ri)farsi continuamente ad un cinema sostanziale, di tecniche e tattiche, che è l'opposto della passionalità giocosa del cinefilo. Un carabiniere che arriva nella provincia meridionale nel '45, una serie di delitti avvenuti qualche anno prima, dinamiche omicide racchiuse ormai nelle tombe dei morti e in figure tombali che si aggirano nella normalità portandosi dentro la putrefazione vis(su)ta. Queste le carte affidate a Gaudino, che le mischia continuamente, arriva a strapparle (come la foto che nasconde il movente ultimo/iniziale) e affida al brigadiere Gatta il compito di ricomporre il puzzle. Il regista/cartaio perde nella frammentazione una serie di incroci di sguardi e di corpi mentre in loro si decompongono morale e passione e tiene questa intricata vicenda, che forse tendeva a rinverdire echi di Visconti, sempre sull'orlo dell'imbroglio. Perché i delitti commessi sotto la regia del capoclan interpretato da Nicola Di Pinto rimangono sospesi in un puro gioco narrativo, senza movente passionale né morale, qualità che mancano completamente al boss, di cui non vediamo mai il lato "bianco" del volto in chiaroscuro mostratoci in primo piano. Lo stesso vale per l'incredibile volontà di far luce del carabiniere.


Gaudino gioca dunque a fare il cartaio, spaccando lo schermo e proiettando l'orrore in un non-luogo storico che al contrario dell'ultimo capolavoro di Argento (a proposito di gialli, neri e italiani) appare lontanissimo da noi e non ci fa paura. Perché  Gaudino non prova mai a scendere veramente nell'ombra ma si ferma sulle lapidi (i verbali, le foto), unico segno di morte mummificata che i nostri occhi hanno imparato a reggere. Eppure, senza bisogno di scomodare l'ambientazione in costume che per via del budget (o forse serviva per arrivare proprio a questo tramite altri trionfi di impiegati statali) scade a volte in macchiette come l'episodio dei partigiani che arrivano per massacrare il podestà, si ci poteva accorgere che bastano due carabinieri in una macchina, delle lapidi e una nottata piovosa, come nell'inizio, per fare un cinema onestamente inquietante.


 


Regia: Lucio Gaudino


Sceneggiatura: Mario Brenta e Angelo Pasquini


Fotografia: Maurizio Calvesi


Montaggio: Patrizio Marone


Scenografia: Alfonso Rastelli


Costumi: Nicoletta Taranta


Interpreti: Nicola Di Pinto, Gaetano Amato, Francesco Di Leva, Luigi Iacuzio, Daniela Gargiulo, Moira Grassi, Emanuela Garuccio


Produzione: Andrea De Liberato per Rai Cinema/Poetiche Cinematografiche


Distribuzione: Sharada


Durata: 90'


Origine: Italia, 2003


 

 

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