SORRENTO 2003: pirati, corsari e impegno civile

Tra listini, anticipazioni, trailers e seminari, presentate alle "Giornate Professionali di Cinema", alcune anteprime per tutti i gusti che si spera possano dare sicurezza ed affidabilità al mercato, nonostante tutto…

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La pirateria è un reato, un crimine; ma il prezzo del biglietto, il selvaggio diffondersi di accentramenti multifunzionali, la carente politica di sensibilizzazione socio-culturale che cosa sono? La linea di demarcazione tra bene e male è inesorabilmente affievolita. Ma a Sorrento, pare, non accorgersene nessuno. In Runaway Jury – La Giuria, di Gary Fleder, bugie e manipolazioni sono i motivi del "legal thriller". Una multinazionale vende armi a domicilio ed è chiamata a giudizio. Assolda un ambiguo consulente. Gene Hackman deve selezionare i membri del popolo in modo da far pendere il verdetto a favore dei potenti. È prassi in America e nel mondo che tra il comando e le decisioni si crei un illusoria continuità. Caccia alle streghe, ai fantasmi e magari a una nave "corsara" francese, in cui Peter Weir, per Master and Commander, scardina le prospettive e moltiplica i punti di vista sul mito-cinema. Inseguimenti, arrembaggi, tifoni, bonacce e sullo sfondo le isole Galapagos, fino ad arrivare alla "tavola alta" dell'evoluzione, in cui la selezione naturale sembra valere solo per i più piccoli, gli insetti, i deboli. Profumo di oceano, di Oscar, di tanti bigliettoni. La "casa" di Russell Crowe (leggendario capitano) balla anche troppo ma almeno la comanda e difficilmente gli verrà sottratta come succede a Jennifer Connelly in La casa di sabbia e di nebbia, di Vadim Perelman (esordiente di grande talento, secondo Spielberg), vittima, anche lei, di un errore burocratico e di "pirati" senza scrupoli. La tragedia, in attesa, cambia traiettoria sempre all'ultimo istante, perché incerto è il destino di questo film in sala, come liberatorio per i sensi è l'incedere straziante dell'inizio della fine.

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Qual è la dimora più sicura per il cinema? O meglio, l'habitat dove ci si riappropri della ricerca contemporanea, forse in via di mutazioni radicali? Tra quattro mura al buio e un posto fisso, o nell'impegno umanitario e "sconfinato" di Angelina Jolie? In Beyond Borders, di Martin Campbell, abbandona gli agi della borghesia londinese per catapultarsi nel baratro delle coscienze occidentali, tralasciando però il confronto con l'insensatezza delle azioni umane e svelando gli abissi che troppo spesso separano il cinema da un serio impegno collettivo e comunitario e non limitatamente di bottega/botteghino.


La forza del cinema sembra proprio essere custodita nei suoi labirinti indefiniti e incerti, nei quali, barlumi di libertà scovano diaboliche dinamiche masochistiche: le parole (pirata), i concetti (pirateria), il cinema (mercato), eccitano a pronunciarle e ad evocarli, senza pudore e senza macchia. Il senso e il riferimento, baluardi di filosofia "alimentare".

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