SPECIALE "E venne il giorno" – Lontano giace il mondo perso in un abisso profondo…

e venne il giornoIl signore della notte, che invoca la luce del giorno, scopre la lontananza perduta, parola prossima a ricordanza, come il salire di un’immagine antica verso una nuova presenza, verso un nuovo tempo. Il tempo del cinema catastrofico, poetico, del candore ed anche romantico, che vede qualcosa che nessun altro riesce a vedere, e la chiama reale, che ritarda l’inquadratura, indugia sul potere del pubblico, lo fomenta, lo insegue. Shyamalan salvato da Mario Rigoni Stern…

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e venne il giornoNuvole come lontananze della memoria, desideri di gioventù, sogni dell’infanzia: sembrano venirci incontro in vesti grigie, come nebbia della sera, quando il sole è tramontato. Noi, ci ricorda M. Night, invece, l’abbiamo perduta, la lontananza: tutto oggi appare vicino, a portata di mano. Tutto quel che è lontano – isole, deserti, città, paesaggi – viene oggi verso di noi e se resti sottovento, sei travolto, si brucia il tempo e lo spazio della lontananza. Il signore della notte, che invoca la luce del giorno, scopre la lontananza perduta, parola prossima a ricordanza, come il salire di un’immagine antica verso una nuova presenza, verso un nuovo tempo. Il tempo del cinema catastrofico, poetico, del candore ed anche romantico, che vede qualcosa che nessun altro riesce a vedere, e la chiama reale, che ritarda l’inquadratura, indugia sul potere del pubblico, lo fomenta, lo insegue. In un melodramma malcelato, Shyamalan ancora una volta sa sfidare il ridicolo, il non permesso. Ti lascia sostare, anche troppo a lungo sulle figure nelle quali la lontananza si racconta e si dispiega, facendosi ritmo e passione, lingua e meditazione. Poi, d’un tratto, il suo cinema si allontana sempre più e il vento diviene la voce del remoto che giunge sino a chi lo sa ascoltare: è l’alito del cosmo che si fa sentire. Il vento che porta la morte. Cinema che si lascia trasportare dal vento vendicatore e s’impiglia tra memoria e natura (forse incattivita perché detestata, devastata), proprie come le parole magiche di uno dei più immensi scrittori italiani, Mario Rigoni Stern, morto qualche giorno fa. Padre che non c’ha mai tradito, che ha raccontato di una baracca, buia, gremita e maleodorante; il tetto arrivava quasi al suolo, le finestre erano piccole e con i vetri molto sporchi; i tavolati per dormire erano sotto il livello del terreno esterno e non c'erano paglia o trucioli. Pare la stessa casa in cui l’insegnante di scienze di Shyamalan trova la forza di uscire e rischiare, trova il sesto senso della

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mario rigoni sternvita. Mario Rigoni Stern e M. Night Shyamalan, da molto lontano, si confidano e si lasciano travolgere dai ritmi della natura e le storie degli uomini sono negli occhi di un unico grande narratore di parole e immagini, che ci fa camminare accanto a lui, con passo lento e sicuro, stagione dopo stagione, stavolta senza fermarsi improvvisamente, senza compiere passi indietro, senza saltare nel vuoto, ma sperando nella forza dei sentimenti, con addosso però ancora l’angoscia dell’attesa, la presenza misteriosa dell’altro e la paura che ritorna. Ancora una volta, l'assenza di una parola e del nemico è segno di una poetica. Nei racconti di Mario Rigoni Stern il silenzio del nemico svela una dimensione umana e disegna i contorni di un immaginario. Mai viene pronunciata la parola nemico, esiste solo qualcuno o qualcosa di fronte a te. Per Shyamalan il nemico è nell’aria, inafferrabile. Il nemico non esiste, resiste. Per l'uomo di neve, che ha raccontato drammatiche ritirate, il dialogo con l'altro inizia con rispetto, generosità e comprensione. Così il nemico è un termine relativo, anche per l'uomo di un altro giorno ancora: il suo significato cambia a seconda delle prospettive o potrebbe cambiare a seconda di come gira il vento… Il vento, se gira, catapulta il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern nella tempesta malefica, però lontano sempre dall'eroismo, da rivelazioni rassicuranti, da una assoluta fine del mondo: quando la natura si rivolta cancella solo la ragione della sua sofferenza, l'uomo. Shyamalan, come il lontano Mario Rigoni Stern, hanno il potere di perdersi nelle loro storie e di lasciare che gli occhi dei loro protagonisti, sbarrati di fronte a un orrore, non credano per primi, fino in fondo, alla fine di tutti i giorni.   

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