"Sulla mia pelle" di Valerio Jalongo

“Sulla mia pelle” è tutta una questione di soglie, di valichi, di confini. Jalongo fa vibrare ogni chiusura, allargandole a dismisura, squarciando l'impermeabilità del dentro con l'ossigeno proveniente dal fuori.

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Dalle fughe leggere e formative di Messaggi quasi segreti, al disfarsi della possibilità stessa dell'azione di Sulla mia pelle, il cinema di Valerio Jalongo continua a raccontare corpi a metà, urgenze disperate, corpi dilaniati dal desiderio di evasione. Un cinema di pelle il suo, dunque un bell'organismo pulsante e fremente di vita, di quella che non si può rinchiudere facilmente perché libera, selvaggia, assoluta. Sulla mia pelle in effetti è tutta una questione di soglie, di valichi, di confini. La prigione in cui è rinchiuso da quattro anni Tony, ex rapinatore, la traccia dischiusa della semilibertà, il ricordo del figlio che ancora lo aspetta, chissà dove, chissà ancora per quanto.. Eppure, a differenza di quanto accade con la maggior parte del cinema italiano di oggi, Jalongo le fa vibrare queste chiusure, le allarga a dismisura, squarciando l'impermeabilità del dentro con l'ossigeno proveniente dal fuori. Liberare il corpo allora, spogliandolo di ogni scoria legata al passato, depurarlo, aspergerlo, rivitalizzarlo. Dall'interno all'esterno all'appunto, attraverso un lungo panneggio di forme che si risvegliano, insinuandosi tra le ombre e rinascendo come luce, sole, folgorazione visiva. Non a caso uno dei momenti più intensi dell'opera è proprio quello relativo all'uscita di galera di Tony, un essere ancora a metà, eppure meraviglioso spirito iniziato improvvisamente alla danza tra la memoria dolorosa del passato e la percezione per forza di cose difficile del presente. Il corpo, il contatto, la parola: Jalongo raccoglie queste briciole impossibili di vita e le proietta sullo schermo, direttamente in campo, come miraggio, oasi infinitamente lontana eppure accessibile di vita, di speranza, di calore. E allora il tessuto sempre più slabbrato della pelle del film (di questo si tratta, pelle, tessuto organico di corpi che dopo l'essiccazione tornano a prendere lentamente fuoco) fa spazio alla dolce epifania di nuovi aliti umani, quello di Bianca ad esempio di cui Tony si innamora, ma anche quello dello stesso Alfonso, minacciato di morte da un terribile strozzino. E' un nuovo orizzonte questo, una nuova illusione forse, ma di quelle che fanno bene al cuore e che ti spingono a non retrocedere, ma a mangiare il cammino con voracità anche maggiore, pur sapendo che forse è tutto inutile, o forse no…Il cinema di Jalongo d'altronde non si alimenta di certezze e di dati, ma di chimere appunto, di puntini di luce che brillano da lontano e dai quali non sai mai cosa aspettarti. Un cinema del non finito allora, del movimento perpetuo che muta le latitudini dei corpi, disposizioni e angolazioni, desideri e scottature, passato e futuro, inventando un presente impossibile..

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Regia: Valerio Jalongo


Interpreti: Ivàn Franek, Daonatella Finocchiaro, Vincenzo Peluso, Mario Scarpetta, Stefano Cassetti, Antonio Pennarella


Distribuzione: Lady Film


Durata: 101'


Origine: Italia, 2003

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