Te l’avevo detto, di Ginevra Elkann

Una dark comedy corale ambientata in una Roma rovente, dal grande potenziale visivo ma debole in alcuni episodi. È comunque un deciso passo in avanti per la regista. Grand Public

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È un fine settimana di gennaio a Roma, quando un’anomala ondata di calore si impossessa della città. Di pari passo al continuo aumento delle temperature, crescono ansie e nevrosi di alcuni cittadini. Gianna (Valeria Bruni Tedeschi) è un’invasata religiosa ossessionata da Pupa (Valeria Golino), una pornostar in declino che ha vissuto il proprio momento di gloria negli anni ’80 e adesso è tutta botox e social media. Padre Bill (Danny Huston) è un prete italo-americano ex tossicodipendente, mentre Caterina (Alba Rohrwacher) combatte l’alcolismo e cerca di ottenere la custodia del figlio affidato all’ex marito (Riccardo Scamarcio). Ognuno si trova in preda al caldo asfissiante mentre combatte con le proprie dipendenze e debolezze.

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Una parte del cinema italiano sembra essersi reso conto che non ha più senso mettere in scena Roma in maniera pulita, semplice, nuda. Non importa se in chiave apocalittica come Siccità di Virzì, o come il Vietnam grottesco e mostruoso dell’Enea di Castellitto, o ancora come l’allunaggio capitolino di Una sterminata domenica dell’esordiente Parroni. La città viene filtrata e trasfigurata, ogni riferimento stravolto e ripensato, come nell’open world videoludico di Le Eumenidi di Gipo Fasano. Per il suo secondo film da regista dal titolo Te l’avevo detto, Ginevra Elkann decide di avvolgere Roma e i suoi protagonisti in una nube sabbiosa che cresce e appesantisce l’atmosfera col passare dei minuti. Il direttore della fotografia Vladan Radovic crea un concept visivo d’impatto, giocando con le tonalità ocra e i diversi primi piani madidi di sudore. Questo particolare ecosistema visivo si sposa alla perfezione con la palette di colori pastello che contraddistingue l’universo di Pupa, di gran lunga il personaggio più iconico del film. Valeria Golino si mette in gioco con tutta se stessa con un’interpretazione molto fisica densa di erotismo e malinconia, tra Cicciolina e una fatina Disney.

 

L’episodio che mette in contrapposizione Pupa e Gianna è sicuramente quello scritto con più cura e attenzione; si esplora infatti il passato di entrambe per ragionare sulle effettive differenze di due donne apparentemente antitetiche, la “religiosa” e la “pornostar”. Molto interessante anche la figura della figlia di Gianna, una ragazza affetta da binge eating disorder che affronta i propri tormenti interiori, causati da una situazione familiare al limite della follia, ingozzandosi in maniera assolutamente disordinata. L’altro episodio che convince almeno in parte è quello con protagonista Danny Huston (The Aviator, Wonder Woman), attore americano nato a Roma che dimostra di saper parlare un ottimo italiano. Stranamente, la vicenda meno efficace è quella che riguarda il personaggio di Alba Rohrwacher, una donna ferita che rappresenta il solito cliché dell’alcolista in lotta contro i propri demoni per riconquistare il rapporto con il figlio. Te l’avevo detto ha una grande potenza visiva che connota una cifra stilistica ben definita capace di sovrastare l’aspetto narrativo del film, nonostante sia un’opera corale con molti personaggi e diversi dialoghi che convincono poco. Non sarà ancora l’opera di un’autrice matura ma porta con sé spunti davvero interessanti.

Come nella meravigliosa sequenza di Amarcord di Fellini, in cui il nonno si perde nella nebbia nonostante si trovi esattamente davanti casa propria, anche Elkann decide di lasciar perdere l’orientamento ai suoi protagonisti, in un’atmosfera surreale che preannuncia la fine del mondo. O forse un nuovo inizio, chissà.

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
Sending
Il voto dei lettori
2 (5 voti)
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