The Dead Nation, di Radu Jude

Foto d’archivio e il diario di un medico ebraico raccontano la deriva nazionalista della Romania, che ha generato le famigerate politiche antisemite. In tour per la Giornata della Memoria

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Il secondo conflitto mondiale per i paesi dell’Est Europa fu una fase storica importante, il crollo definitivo del secolare dominio austro ungarico insieme al grido della rivoluzione bolscevica che ancora trasmetteva un’eco pericolosa o liberatoria, rendevano l’area molto sensibile alle turbolenze politiche, sociali, economiche di una realtà in divenire. La Romania insieme ad altri paesi limitrofi cadde sotto le lusinghe del nazionalismo, che si sarebbero rivelate mortifere, con il suo codazzo militare orientato a perseguire esempi come quello fascista in Italia, o come il modello nazista tedesco, abdicando alle coscienze e scegliendo di rivolgersi agli eroi, per restare sul linguaggio propagandistico dell’epoca, alimentato da un sempre più consapevole utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa, radio in primis, strumento prediletto del potere per diffondere la voce altisonante del leader.

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La questione ebraica, eterno irrisolto di matrice biblica, ritenuta un passaggio chiave nel delirante progetto hitleriano votato allo sterminio di un intero popolo, divenne anche in Romania questione d’importanza capitale da affrontare con una lucida ferocia.
The Dead Nation chiama in causa le responsabilità di questo cammino verso il disumano, attraverso l’esposizione di una collezione fotografica che dagli anni trenta arriva al l’immediato dopoguerra, sgualcite, strappate, monche, pieni di segni da leggere come ferite. L’autore degli scatti è Costică Acsinte che alla fine della Grande Guerra aprì uno studio a Slobozia nel Sud, Est della Romania, Foto Splendid, e dal suo archivio proviene il materiale che Radu Jude ha deciso di assemblare. Contadini, militari, gerarchi, donne, bambini,  giovani, vecchi, tutti raffigurati in fiero esibizionismo da obiettivo, in famiglia o in parata di gruppo, tutti facente parte della fazione rumena, o meglio della razza eletta, per usare un termine tanto in voga quanto scientificamente insignificante.

Controcampo e controcanto principale delle immagini è la voce di un medico ebraico di Bucarest, Emil Dorian. Il dottore a partire dal 1937 tenne un diario per annotare la deriva autoritaria della sua patria, o che almeno credeva di dover considerare tale, le misure umilianti, l’isolamento, la miseria ottenute con una sistematica riduzione dei diritti e l’inasprimento e l’inquinamento della convivenza civile. Una voce esterrefatta dalla malvagità, che rivela l’escalation di violenza verso degli inermi e verso chi lealmente serviva lo stato, testimonia di un esproprio diventato anticamera di deportazione, riporta  le notizie dei massacri e delle esecuzioni sommarie, la scoperta delle fosse comuni e l’agghiacciante ricorso ai gas per ottimizzare le uccisioni. Alla disperazione, per una realtà ormai anticamera infernale, il regista si sintonizza letteralmente sulle frequenze simil mussoliniane di chiamata alle armi, con annessi attributi entusiastici di gloria e sangue et similia, usati a tale scopo nei canti dalla soldataglia per infondersi quel coraggio che è materia molto più instabile durante la battaglia, nel gioco insensato della guerra, che non nelle chiacchiere insulse dei generali esonerati dalla prima linea.

Il progredire cronologico parallelo al disastro mette in luce l’ipocrisia e la complicità al regime, un governo coadiuvato, salvo insufficienti defezioni, dal supporto della Chiesa Cattolica a cui si può rimproverare, oltre alla mancata presa di distanza, un’avversione ideologica al giudaismo considerato come minaccia, una posizione che avvallò di fatto le misure antisemite. Una garanzia abusata largamente dalla stessa popolazione che dalla spoliazione della vittima designata puntava a costruire la propria fortuna.
Monumentale ed abissale, il film lega la staticità dilatata delle immagini agli ingranaggi della Storia, corrosi e lucidati continuamente, una memoria scritta incessantemente che nel tempo trova diversi intervalli di decriptaggio, per scavare dentro un indistinto gruppo di macerie.


Titolo originale: Tara Moarta

Regia: Radu Jude
Origine: Romania, 2017
Distribuzione: Cineagenzia: L’ELENCO DELLE PROIEZIONI PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA
Durata: 83′

 

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