Tiger King, di Eric Goode

Su Netflix il nuovo punto di non ritorno del sottogenere true crime, una docuserie che è già un fenomeno pop, che affonda denti ed artigli nel substrato di violenza e fondamentalismo d’America

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Tiger King: Murder, Mayem and Madness è una mini-docuserie Netflix in stile true crime, che a pochi giorni dall’uscita (20 marzo) è divenuta un nuovo fenomeno pop, grazie al fascino malsano del suo vasto mondo folle e contorto. Una discesa nella psiche di chi è stato al centro di uno dei casi più assurdi d’America.
Inoltre, grazie all’attuale forte affluenza sulle piattaforme, Tiger King si è guadagnata i primi posti tra le visualizzazioni dei prodotti Netflix – e sta letteralmente ossessionando l’intera nazione, comprese parecchie celebrities, che non si sono trattenute dal creare costumi cosplay.
Il protagonista, Joe Exotic, si è fatto incoronare come assoluto Re delle tigri. Lo vediamo seduto sul trono, che inneggia alla vita, con una corona in testa e un AK-47 in mano. Sfoggia un mullet ossigenato, la camicia texana glitterata, mentre le sue tigri gli girano attorno. Joe è un amante sfegatato dei grandi felini e gestisce un vasto Zoo in Oklahoma. Vuole diventare famoso ad ogni costo, così si autoproduce videoclip musicali dove suona e canta country, e poi li diffonde sul web. Tutti lo considerano come un omosessuale poligamo completamente folle, drogato, fanatico di armi e di esplosivi.
Joe possiede oltre 180 tigri, leoni, orsi, lupi e alligatori e dice di essere stato, per oltre 20 anni, il più grande allevatore di tigri e grandi felini degli Stati Uniti.

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Ma chi è Joe Exotic? Joseph Allen Maldonado Passage è il suo nome di nascita, anno 1963. La sua storia è iniziata con un’infanzia traumatica. E’ nato a Garden City, in Kansas e subì abusi quando aveva soli 5 anni.
Da ragazzo si trasferisce in Texas con la famiglia e diviene il capo del piccolo dipartimento di polizia della città di Eastvale. A 13 anni Joe scopre di essere gay. Quando decide di rivelarsi, il padre gli stringe la mano e gli risponde: “ci rivedremo al mio funerale”.
Il rifiuto della famiglia lo spinge a tentare il suicidio buttandosi giù da un ponte con la volante della polizia. Non muore, ma l’incidente gli comporta diverse fratture e rimane parzialmente zoppo. La morte del fratello è la goccia che ha fatto traboccare il vaso, da quel momento Joe cambia radicalmente. Lascia il Texas, il poco che gli rimaneva e si trasferisce in Oklahoma, dove acquista una fattoria che ribattezza in memoria di suo fratello.
La fattoria diviene uno Zoo e per anni è uno dei più grandi allevamenti di tigri di tutta l’America. Siamo nei primi anni del nuovo millennio.
A gestire il parco, Joe mette un gruppo di persone poco raccomandabili. Senzatetto, alcolizzati, tossicodipendenti, criminali, attratti dall’offerta di alloggio, qualche pasto scadente, una misera paga. In sostanza Joe assume le persone più disperate che trova e gli offre degli scarti in cambio del loro lavoro. A dirigere tutto lui, con al fianco i suoi due giovani mariti, John Finlay e Travis Madonado.
Joe inizia ad effettuare riprese  delle giornate al parco e, con l’aiuto del reporter Rick Kirkham, mette su un reality show tutto suo. Anni dopo, quel girato finisce in mano di Eric Goode imprenditore, ambientalista e filmmaker americano – che aggiunge delle interviste ai personaggi di contorno, a chi finì coinvolto nel “caso”, e ne tira fuori Tiger King, un’articolata testimonianza di quell’America suburbana che è lo stesso terreno che ha “figliato” Donald Trump.
Per essere un vero true crime, servono i protagonisti, i moventi e i ruoli di contorno. Ma c’è bisogno anche di un antagonista: e Joe non è stato l’unico allevatore di felini esotici in America, e di sicuro non il più conosciuto.
Bhagavan Doc Antle è l’idolo di Joe, un guru altrettanto poligamo e proprietario di uno Zoo altrettanto fornito, in South Carolina. E’ noto per presentarsi ai clienti in groppa ad un elefante e il suo business consiste nel far pagare biglietti salatissimi per il tour completo della struttura, compresi i selfie con le tigri e con gli altri felini. Perché la gente visita i parchi non tanto per vedere gli animali, quanto per apparire con gli animali.
Bhagavan Doc Antle considera Joe un dilettante, un fenomeno da baraccone, eppure  i due condividono due cose: l’ossessione per la fama ma, soprattutto, lo stesso acerrimo nemico, Carole Baskin.
Carole Baskin è la proprietaria di Big Cat Rescue, un parco “santuario” per felini esotici situato in Florida. Ciò che la rende tanto temibile è il suo attivismo per i diritti degli animali esotici e la sua lotta contro la legalità della loro compravendita in Oklahoma.
Carole ha ottenuto con i social molta più fama di Joe e di Bhagavan messi insieme, e in più li minaccia per il modo in cui trattavano gli animali.


I colpi di scena? Di quelli ce ne sono quanti ne vorremmo, ma soprattutto sembrano scritti dallo sceneggiatore più bravo che conoscete. A partire dal misterioso passato di Carole Baskin, al centro di un caso di sparizione. Nell’agosto del 1997 suo marito, il multimilionario Jack Don Lewis, scomparve. Dopodiché non si ebbero più notizie, il caso rimase irrisolto e Carole ereditò parecchi milioni. Tutte quelle tigri non facevano altro che alzare sospetti su di lei, eppure di Jack Don Lewis non si seppe più nulla.
La figura di Carole rimane ambigua e costellata di contraddizioni, ma di sicuro il personaggio che interpreta è quello della “santa salvatrice” di tutti gli animali.
Joe usa il passato di Carole come suo espediente preferito per condannarla. Le ha persino dedicato vari episodi del reality show in cui l’accusa di aver dato suo marito in pasto alle tigri. Non mancano le minacce a suon di pistola contro delle bambole gonfiabili “modificate” con la faccia di Carole.
L’odio per quella donna cresce a dismisura e l’ossessione di Joe si trasforma a poco a poco in qualcosa di peggiore, fino a sfociare nella commissione del suo omicidio.
In America ci sono più tigri in cattività di quante ce ne siano in libertà in tutto il globo.
L’Oklahoma è una terra fertile per chi vuole dedicarsi al sogno americano fruttando dollari con lo sfruttamento degli animali. Lì non vi sono norme o leggi che ne vietano il contrabbando.

Joe, come le altre figure che si agitano in Tiger King, rappresenta l’esempio di un’ossessione delirante, frutto di quel sistema sociale e familiare distorto e fondamentalista – che rinnega natura e identità all’inizio e che al contempo fornisce i mezzi per dare sfogo senza controllo ad ossessioni tanto forti come quella che ha spinto Joe persino a candidarsi come presidente degli Stati Uniti nel 2016, e ad investire i suoi soldi per la campagna fatta di distribuzione di preservativi con su stampata la sua faccia.
Joe è anche lui un prigioniero, dei suoi meccanismi mentali distorti, autodistruttivi e megalomani e questo è bastato per condurlo alla rovina. Dopo un ventennio di “fama”, è oggi in prigione per numerose accuse di abuso sugli animali, e due tentativi di omicidio su commissione.

Tiger King, oltre a raccontare un caso a dir poco assurdo, vuole far luce sulla situazione di alcuni stati americani, che tutt’ora consentono lo sfruttamento delle specie in via d’estinzione. I veri protagonisti allora sono tutti quegli animali che subiscono gli abusi di una società malata, vittime di una realtà distorta e autodistruttiva.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.67 (3 voti)
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