TORINO 24 – "Buyi Zhi Le" (Pleasures of Ordinary) di Xia Peng (Concorso)

Di mattina vedi la pazienza degli aspiranti alla longevità, di sera la furia di chi si vuole bruciare in fretta. Tipologie umane della Cina contemporanea che sfuggono al giovanissimo regista, (f)autore di “immagini rubate”, mai esposte alla meditazione del movimento o alla frenesia scatenante del progresso

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Di mattina vedi la pazienza degli aspiranti alla longevità, di sera la furia di chi si vuole bruciare in fretta. Tipologie umane che sfuggono al giovane regista cinese, (f)autore di "immagini rubate", mai esposte alla meditazione del movimento o alla frenesia scatenante del progresso. Il ventitreenne Xia Peng, proveniente dalla regione dello Shanxi, è al suo primo lungometraggio, esponendosi a rischi di natura politica, scegliendo nonostante l'opposizione di scuola, insegnanti e istituzioni, di filmare lo stato di reale indigenza in cui versa la Cina contemporanea, proprio quella potenza economica che spaventa l'occidente. Il film racconta la vita di alcuni abitanti di una città della sua regione di origine, nella Cina settentrionale. Fra di loro un vecchio ladro di biciclette che, come un anziano guerriero delle guerre passate, racconta 20 anni di sofferenza, di ingiustizie subite dal governo locale, di frequentazioni con le prostitute. Con lui, una bambina, un giovane, alcune donne, un anziano, vivono gioie e dolori della vita quotidiana, condividono le usanze locali e la pratica del Buddismo. La vera immagine della Cina è fuori fuoco e fuori sincrono. La parola dei protagonisti, come via del sapere, non ha inteso l'immagine come suo completamento o decorazione. Il digitale amatoriale, girato occulto e lontano dalla chiarezza, dalla limpidezza del reale: le nuove immagini voracemente distruggono senza sosta le vecchie, scandalizzando l'occhio del puro incanto. Ciò che accadeva nei tempi antichi continua ad accadere e niente sembra essere davvero cambiato. Opera apparentemente etnografica, ai limiti della rappresentazione iconoclasta, che perde e disperde i ricordi nel presente mai dato chiaramente, ma solo evocato, invocato da un grido soffocato dal e nel passato. Lunghe confessioni di gente paurosamente comune che sembra parlare di un altro tempo, in un altro spazio; l'illusione di vedere con gli occhi verità apparenti che non hanno un nome ma solo facce, per afferrare l'eterno disperare in ciò che è disperatamente fugace. Da un'opera prima che non sembra effettivamente "subire" la censura ma più che altro la rappresenta, rendendola protagonista nelle pur evidenti incertezze di racconto e di ripresa, ci si lascia affascinare da un'appassionata ricerca dell'essenza percettibile del reale e non dalla sua apparenza in continuo fluttuare.

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