TORINO 25 – "ABC Colombia" di Enrica Colusso (Italiana doc.).

ABC Colombia, nella sezione Italiana doc., è girato in una zona della Colombia controllata dall’esercito irregolare e appare come un documento dal vivo tale è il tentativo di trasportare sullo schermo ogni minuto dell’esperienza quotidiana che la regista vive in quei luoghi 

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Qualcuno ricorderà il documentario Fine pena mai con cui Enrica Colusso nel 1995 si aggiudicò diversi premi nelle manifestazioni dedicate al documentario e che raccontava della realtà carceraria di quattro ergastolani. La documentarista romana oggi torna arricchita, sugli schermi del Festival di Torino, dalla sua esistenza divisa tra l’Italia e la Colombia.

Questo Paese, secondo le sue stesse affermazioni, non le è estraneo e forse è questa la ragione per cui il suo documentario ABC Colombia, in concorso nella sezione Italiana doc, si trasforma quasi in un documento dal vivo.

Girato in una zona della Colombia controllata dall’esercito irregolare, il lavoro della Colusso si concentra sui bambini e sugli sforzi che si fanno per assicurare loro un minimo di istruzione, nel tentativo di estraniarli da un destino che li vorrebbe, appena abili, arruolati tra le fila dei paramilitari.

Lo spettatore è accompagnato a seguire, all’interno di una piccola comunità, la vita quotidiana dei giovanissimi protagonisti durante un intero anno di attività scolastiche, condotte da una maestra che si pone molte domande sul futuro dei propri alunni. Coscienti di una prospettiva incerta, i bambini, alternano alle ore di scuola la loro vita quotidiana fatta di gioco e lavoro. Cosicché il fine dell’autrice diventa anche quello di indagare su una sotterranea e serpeggiante violenza che lambisce il mondo dei bambini, ma determina quello degli adulti.

Si diceva che il documentario della Colusso appare come un lavoro dal vivo nel senso che il tentativo è quello di trasportare sullo schermo ogni minuto dell’esperienza quotidiana che lei stessa ha vissuto e vive in quella piccola comunità. Forse per questo affetto che prova ha avuto molte difficoltà a selezionare con decisione le immagini e le sequenze. Probabilmente, in questo senso, una maggiore sintesi avrebbe condensato il percorso narrativo e avrebbe inciso in maniera determinante sull’esito finale. Ciò, comunque se da una parte destabilizza la visione, che a volte si smarrisce nel continuum delle sequenze, dall’altra fa trasparire il senso di amorevole dedizione al lavoro e soprattutto verso i suoi giovani protagonisti che quando giocano e ridono diventano uguali a quelli di tutto il mondo, perché quando si è bambini – come sulle immagini finali dice uno di loro – tutti ti vogliono bene e sta qui la paura, per loro, nel diventare adulto nella terra dove fanno piangere i bambini come direbbe Kerouac.

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