TORINO 27 – "The Blind", di Nathan Silver (Festa Mobile/Figure nel Paesaggio)

Primo lungometraggio per il ventiseienne regista statunitense, che prima del cinema si è interessato alla poesia e al disegno. Sembra rievocare Bergman anche se l’autore non ha nessuna intenzione di spingere il pubblico a identificarsi con i personaggi, persi in un limbo amorfo e asettico. Quasi un’assenza di coscienza, quasi una debordante e robotizzante messinscena. L’accumularsi di quella tensione non riesce però infine a travolgere il nostro sguardo che resta inesorabilmente furtivo e indifferente fino in fondo

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the blindMarcus è un architetto fallito, mentre la sua ragazza, Kate, incarna il perfetto esempio di valori familiari tradizionali. Cucina, pulisce e fa tutto quello che è necessario per dare al compagno quello che silenziosamente le chiede. Quando gli viene proposto di progettare una chiesa, avendo finalmente la possibilità di esprimere la sua creatività frustrata, Marcus si getta a capofitto nel lavoro. E mentre lui è sempre più impegnato nel progetto, Kate si dedica alla cura di Herman, un anziano vicino di casa malato. Rapporto afasico, in cui domina una legge fondamentale nel rapporto di coppia: c’è chi ha bisogno di amare e chi ha bisogno di sentirsi amato. Primo lungometraggio per il ventiseienne regista statunitense, che prima del cinema si è interessato alla poesia e al disegno. Sembra rievocare Bergman anche se l’autore non ha nessuna intenzione di spingere il pubblico a identificarsi con i personaggi, persi in un limbo amorfo e asettico. Piuttosto, il pubblico è spinto a simpatizzare con le manie di un idiota sconclusionato e di una casalinga ventenne passivo-aggressiva. Le reazioni sono represse e i ruoli vivono in una tensione depressiva. Quasi un’assenza di coscienza, quasi una debordante e robotizzante messinscena. L’accumularsi di quella tensione non riesce però infine a travolgere il nostro sguardo che resta inesorabilmente furtivo e indifferente fino in fondo. C’è un insormontabile muro tra il regista e gli spettatori che si alza e difficilmente puoi scavalcarlo. L’eccesso di minimalismo non solo rende complicata la ricerca di una scoperta ma detronizza quasi totalmente il piacere della visione, persa troppo in fretta in una complicata gabbia filosofica e formale. Non è spigoloso, ma impersonale, non riesce ad essere freddo ma piuttosto debolmente mite.    
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