TORINO 30 – Incontro con Mehdi Meddaci, regista di Tenir les Murs (ONDE)

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"In Francia i giovani immigrati algerini di seconda generazione, così come i loro padri, restano sospesi tra la volontà di fare ritorno al proprio Paese d’origine e una vita al di sotto di ogni aspettativa. Senza occupazione, stanno sempre insieme ripetendo parole e gesti in un tempo sempre uguale a se stesso proprio perché vuoto di finalità. La decisione di tornare in Algeria sembra essere l’unico evento in grado di interrompere questo meccanismo e far prendere davvero una direzione alla loro vita."

TORINO 30 - Incontro con Medhi Meddaci, regista di Tenir les Murs (ONDE)

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Massimo Causo introduce una conversazione con il giovane regista francese Mehdi Meddaci, fotografo e videoartista, qui al suo primo brillante lungometraggio Tenir les Murs, presentato al 30° Torino Film Festival nella sezione ONDE: un film affascinante, frutto di una ricerca artistica precisa, culminata anche in una videoinstallazione, concepita parallelamente alla realizzazione del film.

"L'installazione consisteva in cinque schermi con cinque montaggi differenti, che offrivano altrettanti punti di vista, ciascuno importante. Sono due opere diverse, non solo ovviamente nel mezzo, ma anche per gli spazi fuori campo e le ellissi, che nel film sono espressi dai rumori e da momenti come quello dei pesci che cadono dall'alto – nell'installazione sono dei corpi. Sono parallele ma differenti. Nell'installazione il percorso era lasciato del tutto alla scelta del visitatore, anche se c'era comunque già una forma di fiction."

Meddaci racconta di essere partito dal contrasto tra immobilità e movimento, rappresentando i tempi dell'attesa come tempi esistenziali. "Tenir les murs", letteralmente reggere il muro con le spalle, è un' espressione idiomatica per "non avere niente da fare". "Mi interessava il reggere i muri anche come fenomeno sociale. Voglio partire sempre dalla realtà, dal tema dell'incontro con l'altro e da quello della velocità di ciò che avviene tra le cose, i luoghi periferici, gli spazi aperti che vengono attraversati da questi attori-non attori (emergenti, come il Reda Kateb di Un profeta, e non professionisti, ndr).Il muro è una superficie, come anche lo schermo: una superficie lavorata, che si riempie. Mi preme indagare il concetto di passività: quella dello spettatore, ma anche quella dell'attore".

 

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