“Una vita al massimo”, addio a Omar Sharif

carattere indomabile, Omar Sharif ha attraversato il cinema come il deserto nella sua indelebile apparizione in Lawrence d’Arabia. Ruoli cult, donne e azzardo per una vita da star anche fuori dal set

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Nella sua carriera, un attore è fortunato quando riesce ad ottenere almeno un ruolo iconico, che lo renda riconoscibile al grande pubblico e ne tramandi il volto alle successive generazioni di spettatori.

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Omar Sharif, che se ne è andato a 83 anni per un infarto, ne ha avuti perfino due, diretto in entrambe le occasioni dall’inglese David Lean, solida firma di grandi narrazioni, a cui Sharif deve il suo debutto in lingua inglese, dopo l’esordio con un giovane Yusuf Shahin nel ’53 in The Blazing Sun.

Nel ruolo dello Sharif Alī ibn al-Kharīsh, accanto a Peter O’Toole, regala una performance indelebile, annunciata da un epico ingresso che lo vede avanzare a cavallo attraverso il deserto, punto nero all’orizzonte, guardato con terrore da Lawrence e il suo attendente.

Dopo una nomination agli Oscar come non protagonista, sarà sempre Lean, nel 1965, a regalargli l’altro ruolo della vita, quello del Dottor Živago, nell’omonimo adattamento del romanzo di Pasternak, dove affida, a lui così a suo agio nell’interpretare personaggi europei, la parte del medico russo, partner di una altrettanto magnetica Julie Christie.

Proprio i suoi modi occidentali e la capacità di recitare correntemente in inglese e francese, gli aprono le porte di una carriera eclettica, dove spazia dal musical accanto a Barbra Streisand, sua partner in Funny Girl (1968) di William Wyler e Funny Lady (1975) di Herbert Ross, alle incursioni nel cinema d’autore italiano, in C’era una volta di Francesco Rosi (1967) al dramma La notte dei generali di Anatole Litvak, dove ritrova Peter O’Toole (1967).

Carattere irrequieto, inizia a “fare del cinema” anche fuori dallo schermo, perdendo fortune al tavolo da gioco, convertendosi all’Islam per amore della star egiziana Faten Hamama, dalla quale divorzierà nel 1974, facendosi anche arrestare per percorsse fuori da un locale francese.

Eppure, la vecchiaia gli concederà un ultimo importante ruolo: François Dupeyron lo sceglie come protagonista per  Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano che gli vale il premio del pubblico al Festival di Venezia nel 2003, dove ritira, finalmente, anche il Premio alla Carriera.

 

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