Un’occasione da Dio, di Terry Jones

Il ritorno Jones somiglia a sorpresa ad una commedia Disney di quelle di una volta con umorismo garbato, animali parlanti, oggetti animati e un protagonista a cui vengono concessi poteri straordinari

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La vera occasione da dio è quella di poter vedere un nuovo film diretto, a distanza di 20 anni dal precedente, dal regista dietro alle leggendarie pellicole dei Monty Python, e bisogna dire che non pareva nemmeno campata in aria in partenza l’idea di cercare una connessione con la comicità, successiva di un paio di generazioni, del britannico Simon Pegg, la cui Trilogia del Cornetto tocca vette di nonsense iconoclasta e beffardo vicine allo stile pythoniano.
Purtroppo Pegg non partecipa in sede di scrittura allo sbiadito copione firmato da Jones insieme al veterano della commedia avventurosa Gavin Scott, e il suo apporto è decisamente svogliato anche davanti alla mdp.

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Non che la colpa sia tutta dell’opacità di Pegg e del cast di supporto (Beckinsale, Izzard, Riggle, Bhaskar, tutti nei soliti ruoli che competono loro sullo schermo) se anche gli sketch meglio riusciti ed anarchici, zeppi di rimandi alle opere di Pegg e di Jones e tutti nella prima parte del film, sembrano non sfruttare mai fino in fondo le premesse visionarie dell’impianto. La sensazione è più quella di un pretesto di Terry Jones per ritornare sul set, e per rimettere insieme la combriccola di vecchi guastafeste (John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle, Terry Jones e Michael Palin, tutti nella stessa scena come non accadeva da Il senso della vita) nel ruolo di divinità in CGI volubili e dispettose.
Quando funziona, Un’occasione da Dio somiglia inaspettatamente ad una commedia Disney per famiglie di quelle d’oro a cavallo tra i ’70 e gli ’80, una di quelle splendide con umorismo garbato, buoni sentimenti, animali parlanti, oggetti animati e un protagonista a cui improvvisamente venivano concessi poteri straordinari.
E infatti il film dà a Robin Williams, nome sommo da cartellone familiare, quella che è stata malauguratamente l’ultima possibilità di folleggiare donando voce e invenzioni linguistiche a Dennis, il cane del personaggio di Pegg.

Le disavventure di questo grigio professore londinese alle prese con le capacità divine che gli sono state concesse come test da alieni di civiltà superiori che lo osservano dallo spazio diventano allora una metafora sul fare del bene spassionatamente e non per avere il controllo sugli altri e sulla persona che si ama: se il confronto con il dittico Una settimana/Un’impresa da Dio di Tom Shadyac appare inevitabile, in realtà come detto il film di Jones sembra avere in ispirazione modelli più classici e compassati.
In una contemporaneità di commedie senza freni inibitori né pudore, che l’abitudine ad ogni scorrettezza l’hanno ereditata anche dalle lisergiche sortite dei Monty Python, il ritorno in controtendenza di Terry Jones, con tanto di inedito di Kylie Minogue annesso ai titoli di coda, assume allora quasi il sapore dell’ennesima beffa spiazzante e ridanciana.

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