VENEZIA 59- "Xiaocheng zhi chun (Springtime in a small town)" di Tian Zhuanghuang (Controcorrente)

Remake che cerca nel passato una attuale volontà di rinascita, "Springtime in a small town" è anche il confronto tra due registi di epoche diverse che lottano per l'ampliamento dello sguardo contro la cultura della cecità.

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Tian Zhuanghuang è considerato uno dei padri della "nouvelle vague" cinese, nata dopo la riapertura della Film Academy di Pechino nel 1978. Unico del mondo del cinema a chiedere la scarcerazione dei prigionieri politici dopo la strage di Tien An Men, la sua vita è segnata dall'impegno per la crescita del cinema (anche negli ultimi anni ha diretto la società Pegase, producendo quattro lungometraggi di giovani registi) e dai problemi con la "giustizia": che lo condannò giovanissimo alla "rieducazione" e lo ha inserito per un anno nella lista nera, dopo che il suo ultimo film The blue kite (risalente al '92) vinse a il Grand Prix al festival di Tokyo. Seguendo questa scia si presenta a Venezia con un remake omonimo di Springtime in a small town, girato nel 1948 dal regista Fei Mu, bandito per trent'anni dalla nomenklatura maoista e considerato dalla critica (soprattutto ad Hong Kong e Taiwan) una pietra miliare per la rinascita del cinema in Cina dopo la seconda guerra mondiale.

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Definito un "dramma da camera", il film ha per protagonista Dai Liyan e Yuwen, sposati "per combinazione", l'uno assillato dalla tubercolosi, l'altra che passa la vita ad accudirlo di giorno e a piangere di notte. E' il 1946, i due dormono da anni in stanze separate e sono da poco ritornati in una "small town" distrutta dalla guerra, con il servitore Lao Huang e la giovane Dai Xiu, quando arriva la visita di Zhang, amico d'infanzia di Liyan ignaro di una sua relazione con Yuwen avuta prima di partire, dieci anni prima, a studiare medicina a Shangai. L'arrivo di Zhang, unito a quello della primavera, porta una ventata di vita nella decadente e mortuaria atmosfera della casa, ma contemporaneamente risveglia i sentimenti di Yuwen, che intravede un'occasione per uscire dalla sua routine.


Il film si sviluppa attraverso l'attrazione drammatica che investe le coppie Zhang/Yuwen, Yuwen/Liyan, Liyan/Zhang, in cui si inserisce l'ingenuo innamoramento di Xiu per il giovane medico. Quando i personaggi, ritrovatisi tutti per il compleanno della giovane, toccano con mano la situazione decidono, nell'arco di una notte, di sacrificare i propri sentimenti pur di mantenere la "primavera" arrivata. Del racconto originale Zhuanghuang, con lo scrittore Ah Cheng (che in Italia ha ricevuto il premio Nonino nel 1991), ha cambiato soltanto il personaggio di Liyan, che è quasi un "malato immaginario" e chiede esplicitamente a Zhang di rimanere per permettere alla moglie di essere felice, e ha eliminato la voce fuoricampo.


Film cupo e decadente, ambientato tra macerie annerite nel paesaggio ancora addormentato dall'inverno, Springtime in a small town trova nel finale (nonostante la partenza Zhang) la luce del sole. L'operazione cinefila del regista di girare, con attori giovani e sconosciuti, un'opera "vecchia", caratterizzata dalla lentezza e dalla recitazione classica, svela ai nostri occhi le radici del cinema non soltanto cinese ma "orientale" tutto; come dimostrano le scelte di Mark Lee, direttore della fotografia taiwanese che ha girato tutti i film di Hou Hsiao-Hsien, e di Tim Yip come direttore di produzione di Hong Kong, già con John Woo, Tsai Min-Liang, Ang Lee. Un'operazione alla ricerca della forza del passato, attuale nella volontà di ricerca della "primavera".


 


 

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