VENEZIA 60 – "Pornografia", di Jan Jakub Kolski (Concorso)

Sesso, politica e arte nella Polonia dell'Olocausto. “Pornografia” insegue un'estetica ricercata ma non asseconda l'intento provocatorio che il titolo potrebbe suggerire

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Il sesso, la guerra e l'olocausto, filtrati attraverso le provocazioni di due maliziose adolescenti e i desideri di due ambigui uomini di mezza eta', sullo scenario della Polonia del 1943. Il Nord si irradia lungo tutto lo scorrere del film. Anche se filtrate attraverso un'estetica patinata, molto poco distante dalla foto di moda, le luci sono quelle di certi fiamminghi, le immagini e i movimenti della strana famiglia allargata di Pornografia ricordano da vicino la molteplicità gioiosa, opulenta e confusa di Fanny e Alexander. Colori chiarissimi: capelli biondi, pelli bianche, labbra rosee, pelli candide. L'insistenza e' palpabile e sottolineata, nei vestiti della bella Enrica come nel riprendere bianchissimi cavalli. Solo ad un tratto compare, nascosto sotto terra e stretto in una botola, un gruppo di occhi neri e spaventati, immagine che rende superfluo il racconto del protagonista padre di una bimba ebrea deportata, così come l'allusione diretta alle persecuzioni degli ebrei (e dei loro colori). Sono fotografie mentali che l'insistenza iconografica di tutto il film, con le sue foreste verdeggianti, i ritratti di intellettuali amareggiati, la descrizione insistentemente raffinata di musica e sesso, aveva già evocato per paradosso. Così come l'insitenza sulla giovinezza come un territorio vergine e necessariamente sorgente di ossessioni contiene fin dal principio una componente malata che non necessita di precisazioni, che invece il film fornisce nel sottolineare la "depravazione" sessuale di una delle giovani protagoniste.

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Ricco nella composizione dell'immagine e in alcuni movimenti di macchina, il film e' stato girato in digitale ad alta definizione. Sicuramente Pornografia ha il merito di deludere i sospettosi pregiudizi di chi da un titolo del genere si attende l'ennesima finta provocazione festivaliera. Il film polacco è troppo pulito e luccicante per destare eventuali reazioni pruriginose, ma rimane difficile pronunciarsi sulla sua capacità di coinvolgimento. Per quanto ben mescolati e ben recitati, i temi portati in scena (dalla politica alla morale, dal cinismo alienato e intellettuale alla ricerca di purezza) non si imprimono con vera forza. Rimangono comunque un lavoro visivo interessante (per quanto un'immagine come il viraggio finale al bianco e nero in concomitanza con il dissanguamento del protagonista sia una buona intuizione che rischia immediatamente il manierismo) e il disegno di un quadro sociale affascinante.

La_stagione_2005/2006

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