VENEZIA 62 – "A casa mia Ed Murrow è sempre stato considerato un eroe, un esempio da seguire per chiunque volesse intraprendere la carriera di giornalista". Incontro con George Clooney.

Al suo secondo lungometraggio come regista-attore (dopo "Confessioni di una mente pericolosa"), George Clooney apre il Concorso raccontando una delle più importanti sollevazioni politiche della storia americana.

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Al suo secondo lungometraggio come regista-attore (dopo "Confessioni di una mente pericolosa"), George Clooney apre il Concorso raccontando una delle più importanti sollevazioni politiche della storia americana. Negli anni della commissione d'inchiesta e della caccia alle "streghe", il senatore McCarthy fu il responsabile delle famigerate "liste nere" in cui a finire erano i cosiddetti simpatizzanti comunisti. Il giornalista Ed Murrow fu tra i più accaniti oppositori del senatore e naturalmente Clooney (figlio di un conduttore di notiziari per 30 anni) ha sempre sentito delle affinità e grande ammirazione per questo personaggio interpretato da David Strathairn.

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Perché un film sul maccartismo?


Quella storia e quell'epoca sono sempre state la mia passione perché gli anni '50 sono stati uno dei pochi periodi in cui, grazie al giornalismo combattente e impegnato, abbiamo assistito ad un profondo e radicale cambiamento del mondo e del modo di pensare della gente. Infatti, fino a quando non venne attaccato da Murrow, il senatore McCarthy era sempre stato intoccabile. Per questo motivo, quello fu uno dei rari momenti della nostra storia nei quali il coraggio di qualcuno riuscì veramente a fare la differenza. Vedo in più molte somiglianze con gli errori che si commettono oggi, sfruttando la paura per limitare la nostra libertà. Mi sembra il momento giusto per parlare anche della responsabilità dell'informazione.


 


Crede che sia cambiata ulteriormente l'inforamazione dopo l'11 settembre?


Non credo più di tanto. Anche prima purtroppo il monopolio è in mano alla televisione. Amo la televisione, sono cresciuto in sua compagnia, ma credo che abbia delle enormi responsabilità. In fondo il film tratta di un programma televisivo che ha cambiato il modo di pensare e d'intendere la libertà civile. Murrow è stato un autentico eroe americano, una leggenda dei suoi tempi, anche se ormai sono in pochi quelli che si ricordano di lui. L'informazione era chiamata il quarto potere e il suo vero compito è controllare gli altri poteri. Non è solo un diritto, ma una responsabilità.

Che ne pensa del giornalismo di oggi?


Premetto che il mio film non vuole essere una condanna del presente, ma è soprattutto un documento storico. Credo che la TV abbia un ruolo cruciale nella società di oggi come in quella di ieri. Oggi però subisce forti pressioni, ma non bisogna fare un discorso tra buoni e cattivi. La situazione è molto più complessa. Attualmente la differenza che salta agli occhi è l'eccessiva frammentazione dell'informazione dovuta agli innumerevoli network esistenti. La gente cerca il canale che dice quello che si vuol sentire. Tutto ciò comporta un'eccessiva polarizzazione culturale.


 


Perché ha preferito utilizzare solo immagini di repertorio per il senatore McCarthy?


Abbiamo capito che chiunque avessimo scelto per interpretare McCarthy, indipendentemente dalla sua bravura e dal suo talento, non sarebbe mai stato credibile in quel ruolo. Il pubblico avrebbe pensato che l'attore recitasse in maniera caricaturale, che stesse esagerando, che andasse sopra le righe e per questo motivo abbiamo deciso di utilizzare le immagini di repertorio.


 


 


E' stato difficile combinare il ruolo di attore con quello di regista?


La sfida più grande è stato lavorare con gli attori che ho scelto. Fare il regista è divertentissimo. Dopo due anni di lavoro le battute arrivano quasi spontaneamente. Con il cast giusto non c'è molto da fare come regista. Il mio lavoro è stato soprattutto quello di ricerca del materiale perché il film avesse un taglio prettamente giornalistico e documentaristico.


 


Quale è stato quindi il suo approccio tecnico al film?


Volevo che avesse il sapore di un documentario, in armonia con i materiali d'archivio in bianco e nero. Inizialmente nessuno voleva un film in bianco e nero sul maccartismo. Ho preso un dollaro per la sceneggiatura e il mio compenso per la regia l'ho dato allo Studio. Da attore ho preso il minimo sindacale, come tutti. Speriamo che alla fine, almeno il senatore McCarthy vinca il premio per il migliore attore non protagonista…     

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