VENEZIA 62 – "Elio Petri. Appunti su un autore" di Federico Bacci, Nicola Guarneri e Stefano Leone (Orizzonti – Evento Speciale)

Il documentario dei tre giovani registi punta più sull'aspetto politico del cinema di Petri, lasciando un po' da parte le riflessioni estetiche e stilistiche. Ne emerge un ritratto che affascina più per il carisma dei personaggi in questione che per la profondità dell'analisi

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Già nel titolo dichiara il suo intento l'interessante documentario di Bacci, Guarneri e Leone: quello di far emergere l'autorialità di un regista come Elio Petri, che in vita è stato più volte bersagliato dalla critica e che oggi è sin troppo dimenticato. "Elio Petri. Appunti su un autore" traccia un profilo del regista romano scomparso nel 1982 attraverso le testimonianze di coloro che lo hanno conosciuto e che hanno collaborato ai suoi film, da Giuliano Montaldo a Ennio Morricone, da Ugo Pirro a Mariangela Melato, attraverso il giudizio di critici come Giusti e Gili, sequenze delle sue opere e dichiarazioni di poetica. Emerge il ritratto di un autore "popolare", alla ricerca costante di una congiunzione tra impegno e spettacolo, interessato ad un cinema non d'élite, ma d'impatto immediato col pubblico, ma anche di un regista pronto a mettersi in gioco in avventure stimolanti e generi sempre diversi. Come afferma Giusti, il cinema di Petri negli anni '60 e '70 non poteva piacere né ai cinefili puri né ai militanti ortodossi e purtroppo oggi, nonostante sia ancora estremamente attuale, è come se fosse stato chiuso nel dimenticatoio, messo in un angolo. In questo senso va dato merito all'impegno profuso dei tre giovani registi di questo documentario, alla loro volontà di riesumare un fantasma, di riportare alla luce un cinema scomodo e troppo presto dimenticato. Però, la loro attenzione sembra concentrarsi troppo sull'aspetto politico e sociale del cinema di Petri, lasciando un po' in ombra le scelte estetiche e stilistiche. Più spazio all'uomo politicamente impegnato che al regista, insomma. Ad esempio, testimonianze come quella di Ugo Pirro, che ricorda le furibonde litigate con Gian Maria Volontè, pur essendo a loro modo gustose, possono rasentare il pittoresco. Si ha l'impressione che il fascino del documentario derivi più dal carisma dei personaggi in questione, che dalla profondità delle analisi. E' pur vero che per un autore come Petri non è possibile scindere del tutto le ragioni della politica da quelle "del cinema", ma è forse giunto il momento di un lucido ripensamento critico della sua opera, aldilà delle polemiche e dei pregiudizi.

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