VENEZIA 62 – Il mito della caverna e altre storie – Incontro con Neil Marshall

Un cast tutto al femminile, una discesa nelle viscere della terra, un buio insondabile, una società sotterranea, sono questi gli ingredienti di The Descent il film in concorso di Neil Marshall già autore di Dog soldiers. Un film che comunque approfondisce anche il risvolto psicologico dei personaggi.

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Nella sezione del Concorso The descent dell'inglese Neil Marshall è un horror in cui, pur  nello sviluppo delle tipiche situazioni alle quali il genere ci ha abituato, si assiste alla frantumazione dei rapporti d'amicizia all'interno del gruppo dei sei personaggi femminili. La discesa nelle grotte, con quel che ne consegue, alimenta le interpretazioni più variegate per un tipo di film che nasce proprio per alimentare ogni possibile analisi.

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È quasi naturale spingere l'interpretazione del film all'interno della psicanalisi, gli elementi evidenti del film quali la caverna e quelli meno espliciti come l'istinto materno autorizzano questo tipo di interpretazione?


Prima di tutto è da sottolineare che volevo fare un film ambientato in una grotta, credo che mai questo tipo di film abbia trovato una ambientazione simile a questa e in fondo le escursioni speleologiche fanno paura. Ho sempre pensato che questo tipo di ambientazione fosse eccezionale, i film dell'orrore cercano il buio e nelle caverne è più buio che mai. Questi elementi andavano sfruttati a pieno e inoltre volevo fare un film al femminile. Un suggerimento di un mio amico mi ha permesso di mettere insieme le cose e di sviluppare la storia. A film fatto voglio comunque aggiungere che, sicuramente, il film avrebbe funzionato anche con dei soli personaggi maschili. In fondo racconta è si una discesa nelle viscere della terra, ma può anche essere visto come una discesa nella follia.


 


È interessante la scelta di un cast al femminile…


Volevo che fossero delle donne di oggi, moderne, non dei super eroi. Ho cercato da subito delle attrici con delle caratteristiche molto nette. Era importante che il pubblico le distinguesse e riconoscesse anche nel buio. Ho spiegato loro che sarebbe stato un lavoro duro e che si sarebbero dovute arrampicare o passare attraverso stretti cunicoli.


 


Nel suo film esiste anche una scena in cui si vedono i graffiti sulle caverne…


Certo perché quella scena si lega a quello che accade nella storia. Gli esseri del sottosuolo hanno seguito una propria evoluzione, ma sono derivati dagli stessi uomini dai quali deriviamo noi, solo che hanno continuato ad abitare le caverne. Con la visione di quei graffiti volevo ricreare la stessa paura che ebbero i primi spettatori del film in cui un treno giunge alla stazione. Voglio solo aggiungere che qui è l'elemento estraneo che aggredisce quella società che è strutturata perfettamente.


 


Ma il suo film può avere a che fare con il mito della caverna di Platone che Morin indica come prima forma di cinema?

Credo di si d'altra parte anche io la penso così.

Ha mai pensato di lavorare solo sul tratto psicologico dei personaggi eliminando la presenza delle creature che popola il film?


Si in realtà c'è stato un momento in cui ho pensato che avrei potuto evitare la loro presenza. Ma ho scartato la possibilità perché, in fondo, volevo che il film avesse una cupezza estrema e provocasse interpretazioni legate a questa caratteristica. Per questa ragione ho deciso di inserire nel film qualsiasi elemento che incutesse paura. Ho sempre escluso che si potesse trattare di extraterrestri perché volevo fosse chiare che si trattava di esseri umani che avevano creato una società sottoterra.


 


Sarebbe molto interessante se ci parlasse un po' di come sono state realizzate le riprese


Nel film non esiste una sola grotta vera, tutto è stato ricostruito negli studi di Pinewood, vicino Londra. Ci siamo serviti, per la realizzazione dei set di un materiale schiumoso che ci permetteva di lavorare molto rapidamente. Ciò ci ha consentito di costruire sei set differenti e di utilizzare ciascuno di essi e di passare velocemente all'altro appena necessario. Non siamo mai tornati su un set dopo la fine delle riprese. Abbiamo anche riciclato parte dei set già utilizzati, tutto questo perché avevamo un budget molto limitato e dovevamo sfruttare ogni centesimo di quella somma. È stato un lavoro molto divertente anche se è stato molto duro. In genere è molto divertente realizzare i film dell'orrore così come è divertente assistere alla proiezione in sala insieme al pubblico.


 


La scena finale era già prevista o l'idea è nata durante le riprese?


I film dell'orrore degli anni '70, quelli che vedevo quando ero più giovane, finivano tutti male, con una forte ambiguità e una grande componente di tristezza. Con il mio film ho voluto soprattutto sottolineare l'elemento dell'ambiguità, non mi andava di dare delle risposte nette, chiare, preferivo che ciascuno degli spettatori traesse dal film quello che riteneva di maggiore interesse e che quindi desse una propria interpretazione. Ai produttori è andata bene così.


 


Lei saprà che esiste un videogame che porta lo stesso nome del suo film è solo casuale?


Non sapevo che esistesse un videogame e per la verità, sempre dopo avere girato il film, ho appreso che esiste un libro con lo stesso titolo. Si tratta di coincidenze. Ho l'impressione, ora che ho fatto questo film e mi sono occupato di speleologia, che sia una cosa di moda.


 


Ci può dire quali sono i registi che l'hanno influenzata di più?


Il regista che più mi ha ispirato è stato Carpenter, ma anche Romero. In realtà ho visto molti film dell'orrore ed è inevitabile che ciò abbia influito sul mio lavoro.


 


Quali sono invece gli autori della letteratura dell'orrore che ha amato di più?


Da anni leggo Wells, Herbert, ma anche Borroughs, ma Herbert in particolare perché ha uno stile più duro di King. Non ho mai letto nulla di Lovercraft.

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