VENEZIA 63 – "Euphoria", di Ivan Vyrypaev

Elegiaco, sontuoso, "volatile", a tratti persino barocco, il film sembra galleggiare sullo schermo, sembra fare a cazzotti con il passato, volteggiando, presuntuoso e leggero, sulle ali di una gioia assoluta, una ebbrezza incontrollabile, che è quella che provano i due giovani protagonisti in preda a una ingenua e travolgente passione amorosa

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Forse è proprio lo "sguardo vergine", per certi versi come colto da feroce baldanza giovanile, ciò che colpisce in questo piccolo gioiello russo, sorprendente esordio alla regia per questo trentaduenne (classe 1974) commediografo teatrale siberiano, Ivan Vyrypaev. Elegiaco, sontuoso, "volatile", a tratti persino barocco, il suo Euphoria sembra galleggiare sullo schermo, fregandosene delle apparenze e allontanandosi più possibile dalla tradizione di un cinema "statico" come quello sovietico. No, Euphoria è l'esatto contrario di quello che siamo abituati a vedere dai cineasti dell'Europa dell'est, e sembra fare a cazzotti con il passato, volteggiando, presuntuoso e leggero, sulle ali di una gioia assoluta, una ebbrezza incontrollabile, che è quella che provano i due giovani Vera (Polina Agureyeva) e Pasha (Maxim Ushakov), come scioccati dal sorgere di un sentimento dentro i loro corpi come non ne avevano mai provato, mai conosciuto. E' un'autentica esplosione di sensi quella che il ritmo di sinfonia danzante, con le musiche dell'enfant prodige Aidar Gainullin, ci regala, corpi che appartengono al paesaggio, territorio fantastico e "miracoloso" che segna il film davvero e proprio protagonista, con quei campi, la steppa, i crepacci, e soprattutto il fiume Don, corpo/veicolo di altri corpi sognanti. Avete mai visto un fiume di stelle? Ivan Vyrypaev ce lo rappresenta letteralmente, con il suo Pasha sdraiato sulla barca mentre i riflessi del cielo notturno galleggiano sull'acqua. Pasha a un certo punto non ce la fa più, e decide di dire a Vera (che è sposata con il violento Valery e ha una bimba) che non può più vivere senza guardarla nel modo in cui l'ha guardata per la prima volta poco tempo prima, in occasione di un matrimonio. Vera si schernisce, sembra sfuggire, ma in realtà anche il suo cuore sobbalza. E il film  ci restituisce la più struggente storia d'amor fou vista a questo straordinario (per la qualità delle opere viste) Festival di Venezia 2006. Storia che come ogni amor fou che si rispetti troverà la sua fine tragica, anche qui in un letterale "bagno di sangue". Ma se i corpi possono morire i sentimenti sembrano, in questo film, davvero invulnerabili, eterni. "Questa è una storia in cui gli adulti si comportano come bambini" ha detto il regista. Che costruisce un affresco delicato e sontuoso, dove il vento, la terra, il fuoco e l'acqua, tutti gli elementi della terra si riuniscono attorno ai corpi dei due giovani fuggiaschi. Con il fiume Don "testimone silenzioso" della loro passione amorosa.

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