VENEZIA 65 – "Valentino: The Last Emperor", di Matt Tyrnauer (Orizzonti – Eventi)

valentinoValentino: The Last Emperor, ovvero la vita di quello che Matt Tyrnauer vorrebbe far ricordare come uno degli ultimi esteti rimasti. Lo stilista non ha altro scopo che quello della ricerca del bello, e tutti i suoi amici – specie Giancarlo Giannetti – devono salvarlo dal mondo, dalla gestione degli affari, lasciare libero il suo fiuto per il gusto dalla contaminazione delle leggi economiche. C'è ancora posto per Valentino? O meglio, il mondo se lo merita ancora?

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valentinoNel suo palazzo-atellier di Piazza di Spagna – a due passi da dove Gabriele D'Annunzio faceva vivere Andrea Sperelli, uno dei pochi dandy della letteratura italiana – Valentino sembra essere l'ultima roccaforte di quel mondo che si ostina a cercare una bellezza assoluta. Mentre vede sfilare una modella con uno dei suoi ultimi vestiti, compiaciuto del suo talento, lo stilista si guarda intorno ed esclama sorridendo: “Amo il bello… cosa posso farci?” Il grande merito di Valentino: The Last Emperor è quello di provare a fare un monumento alla sua carriera, e di riuscirci saltando i pesanti riferimenti biografici e affidando la storia dei suoi primi passi nel mondo della moda a rapidi montaggi provenienti dal passato, di grande e accattivante impatto glam. Matt Tyrnauer – esordiente che proviene proprio dal mondo di Vanity Fair – organizza il girato su piani diversi, in una sorta di schema piramidale dai contorni incerti: da una parte c'è la creazione del genio, dell'uomo che per quattro decenni ha dominato il mondo della moda; dall'altra c'è tutto un esercito di persone che rendono possibile la sua realizzazione, un gruppo a volte amichevole (le sarte che cuciono i suoi vestiti rigorosamente a mano), a volte ostile (Matteo Marzotto, il proprietario della compagnia, che confonde l'arte con il denaro). L'artista deve però restare isolato, libero di seguire la sua ossessione e i suoi sogni, la sua idea pura di esteta, per altro nata dalla suggestione cinematografica dei sontuosi abiti di musical come Ziegfried Follies. Il film – e così la vita di Valentino – ha necessariamente bisogno di una mediazione: la figura chiave è perciò quella di Giancarlo Giannetti, amico, manager e amante, con cui lo stilista ha condiviso tutta la sua vita professionale. Grazie al loro rapporto, il film supera la fase della raccolta di interviste ed immagini di repertorio per diventare la storia di come l'uno si sia messo amorevolmente al servizio dell'arte dell'altro. E' Giannetti che gli permette di vivere in una fortezza in cui esistono solo le sue creazioni, prendendosi la responsabilità di fare il muso duro con il mondo al posto suo. I loro dialoghi – affettuosi dispetti e riconoscimenti taciuti per orgoglio – danno al film una piacevole vivacità, per quanto a volte sembrino essere forzati, frutto di una fiction studiata più che del caso, e messi al servizio della ripresa: i due infatti sanno sempre di essere filmati, ed è probabile che spesso recitino in funzione dell'effetto scenico. Comunque, Valentino ne esce fuori come l'ultimo rappresentante della possibilità di sublimarsi con l'unicità dell'invenzione, almeno nel mondo della moda. Il collega Karl Lagerferd lo va a trovare, nel sancta sanctorum allestito in suo onore all'Ara Pacis, ed estasiato da tanta bellezza non può fare altro che confidargli: “Dopo di te, non faranno altro che stracci…

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