VENEZIA 66 – "I film non sono risposte a situazioni politiche". Incontro con Claire Denis e Isabelle Huppert

claire denis a veneziaClaire Denis e la sua attrice presentano White Material, in Concorso al Lido: "credo sia più facile immedesimarmi in un agricoltore di caffé piuttosto che in una concessione petrolifera. Mi sento molto vicina alla situazione della Francia coloniale, ma il mio intento era di rappresentare però la Francia di oggi."

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claire denis a veneziaAlla conferenza stampa del film in concorso White material sono intervenuti la regista Claire Denis, l’attrice Isabelle Huppert, gli attori Christophe Lambert e William Nadylam, il compositore Stuart Staples e il produttore Pascal Caucheteux.

Vorremmo sapere qualcosa sulla sua collaborazione con la co-sceneggiatrice Marie N’Diaye.

Denis: Marie N’Diaye è una giovane scrittrice francese che scrive romanzi dall’età di diciassette anni. Ha scritto anche alcune opere teatrali. È la prima volta che scrive una sceneggiatura per il cinema e il produttore mi ha incoraggiata ad arrivare fino in fondo a questa esperienza. Siamo riuscite a creare un amalgama tra i tre, un punto di forza, e il risultato è stato positivo.

Ci ha colpito l’alternanza tra l’estrema violenza e le radio “poetiche”, è un contrasto sorprendente, questa punteggiatura attraverso questi inserimenti poetici.

Denis: non so se si può parlare di poeticità. Quando c’è stato il genocidio del Ruanda si è parlato molto di una radio, “la radio delle mille colline” che alimentava le violenze. Io, personalmente, amo molto la radio, ne volevo una clandestina che avesse un ruolo di pacificatrice, che avesse il compito di suggerire alle persone di fuggire da questo terrore.

La sensibilità di questo film è legata al colonialismo francese in Africa? Al fatto che gli Africani vengano in Europa per fuggire?

Denis: ovviamente si, sono influenzata dalla situazione sociale e mi sento vicina alla situazione della Francia coloniale. Il mio intento è stato però anche quello di rappresentare la Francia di oggi.

Huppert: Claire ha voluto proporre un personaggio che vivesse la situazione dell’Africa, un personaggio caratterizzato dalla volontà di controllare gli eventi. Un giorno Claire è venuta da me e mi ha detto che non voleva un personaggio melanconico ma una donna caratterizzata da una forte fisicità.

Come ha lavorato alla sua interpretazione? Come ha interpretato il legame con quella terra? Qual è il suo rapporto con l’Africa?

Huppert: non ho interpretato, ho vissuto e quindi capito questo legame con questa terra soprattutto attraverso il punto di vista di Claire che è fortemente legata a quei luoghi. Spesso il personaggio perde la ragione e vuole restare lì a tutti i costi nonostante il pericolo. Credo che ci sia in questo film qualcosa di Shakesperiano, i conflitti, i complotti e i contrasti e la difficoltà nel far convivere tutto questo.

Questo film può essere una sorta della Mia Africa in versione europea? C’è ancora qualcosa da sfruttare in quel paese?

Denis:
non penso che i film possano essere risposte a situazioni politiche. Darò una risposta abbastanza semplicistica: credo che sia più facile immedesimarmi in un agricoltore di caffè piuttosto che in una concessione petrolifera.

Può dirci qualcosa sul figlio? Quando si taglia i capelli ricorda De Niro in Taxi Driver, è un po’ come Cuore di tenebra dove il male si appropria di noi?

Denis: credo che il ragazzo, molto amato dalla sua famiglia, abbia il desiderio di fuggire ma decide di farlo in un momento sbagliato. Non credo sia attratto dal male e più in generale non credo che questo possa succedere in Africa.

 
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