VENEZIA 66 – "Tutti i miei film sono siciliani". Incontro con Giuseppe Tornatore

tornatore in Baarìa

E’ subito Italia. O meglio Sicilia. Ad aprire edizione è Baarìa di Giuseppe Tornatore, primo dei quattro film italiani in concorso. Una racconto storico e favolistico su una terra e un popolo, un’epopea corale che si snoda lungo i decenni, dall’epoca fascista sino ai giorni nostri. Una megaproduzione di 25 milioni di euro e un cast impressionante, che sembra abbracciare gran parte del cinema italiano di oggi

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tornatore in BaarìaE’ subito Italia. O meglio Sicilia. Ad aprire questa 66ª edizione della Mostra del cinema di Venezia è Baarìa di Giuseppe Tornatore, primo dei quattro film italiani in concorso. Una racconto storico e favolistico su una terra e un popolo, un’epopea corale che si snoda lungo i decenni, dall’epoca fascista sino ai giorni nostri. Una megaproduzione di 25 milioni di euro. Un cast impressionante, che sembra abbracciare gran parte del cinema italiano di oggi. All’incontro con la stampa, hanno preso parte Giuseppe Tornatore, i due giovani protagonisti, Francesco Sciarra e Margareth Madè, il maestro Ennio Morricone, lo scenografo Maurizio Sabatini, il produttore Giampaolo Letta, vicepresidente Medusa. 

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Ci parli un po’ della definizione di riformista. E’ una frase molto bella, Ma cosa ha voluto dirci? Ha voluto racchiudere in essa i limiti e i difetti della sinistra italiana?

Prima di tutto spero sia una definizione semplice e utile. E’ il protagonista a dover spiegare il concetto di riformismo a un ragazzo, che non ne ha mai sentito parlare. E in poche parole, con un’immagine cerca di spiegare qualcosa che mi sembra molto vero. Cercare di ottenere tutto subito, in maniera drastica, spesso non porta bene. O meglio non porta mai bene. Il buon senso è l’unica strada per ottenere risultati e cambiare le cose. Specialmente in tempi come questi, in cui è necessario convivere con chi la pensa diversamente.

 

Nel suo film è molto forte l’elemento civile e politico. Sembra che questo sia il tema centrale. Molto più che nei suoi film del passato.

Non si tratta dell’unico aspetto di un film, che cerca di essere più complesso. Ma credo, comunque,che si tratti di un tema importantissimo. Sono cresciuto in un tempo in cui la passione civile e la politica contavano moltissimo. Anche in famiglia. L’educazione riguardava sempre anche il modo in cui rapportarsi agli altri. Oggi questa passione civile si è persa. E credo che sia una delle cose negative dei nostri tempi.

 

Il suo è, comunque, un film sulla collettività e su una terra, la Sicilia, che sembra rimanere indenne nella sua identità, nonostante gli avvenimenti, la litania di sciagure che ha dovuto affrontare.

Il film non vuole essere solo la Sicilia. C’è una prospettiva universale. L’idea era quella di raccontare un coro di personaggi all’interno di un microcosmo, quello di un paese, un luogo che vuole essere simbolo di tutti i luoghi. Credo che chiunque sia nato e cresciuto in provincia possa riconoscere certe situazioni, umori, personaggi. Era quell’atmosfera che volevo rendere. La provincia è importante, fondamentale per il nostro Paese. Per quanto riguarda poi la Sicilia, mi piace sempre ricordare la frase di uno scrittore che amo molto, Sciascia: “si è siciliani con difficoltà”.

 

Cosa che del resto è espressa anche da Tomasi di Lampedusa…Cosa l’ha spinta a girare un film su Bagheria?

Sì, il principe di Salina, ne Il Gattopardo, a un certo punto afferma che i siciliani dovrebbero abbandonare la Sicilia molto presto, prima dei diciotto anni, per non assorbirne i difetti. E’ un’affermazione che amo molto, perché rende un aspetto tipico della sicilianità, quella convivenza di amore e inquietudine per la propria terra. Io sono andato via dalla Sicilia a 27 anni. E senz’altro, i difetti dei siciliani li ho assorbiti tutti. Anche quelli che non conosco. In fondo il mio cinema è sempre da qui che parte. Non si possono distinguere i miei film in siciliani e non. Sono tutti siciliani, affondano le radici nella mia giovinezza. Ed erano anni che volevo fare un film su Bagheria, raccontare volti, sogni, luoghi, utopie, sfide, lotte della mia terra. Un progetto ambizioso, che ho cullato da sempre, pur rimandandolo nel corso degli anni, nell’intima consapevolezza che della sua difficoltà, impossibilità forse. Ormai mi ero convinto che non questo film non l’avrei mai più fatto. Ma poi è stato realizzato, anche grazie all’insistenza e all’appoggio dei produttori.

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