VENEZIA 67: Dieci cose che amo di te…

 Frammenti, flash, attimi/pezzi di cinema. Sono quelli che, fatalmente, ci colpiscono e restano dentro, quando in un Festival vediamo in breve tempo decine e decine di film, uno dopo l’altro. Le trame sfuggono, non ricordiamo piu’ perché quel film ci aveva catturato o, al contrario, al quale ci eravamo negati con tutta forza. Ecco allora che restano dei brandelli d’immagini, che non ci abbandonano più e ci perseguiteranno per sempre, nel bene e nel male…

 

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DARK DARK WINONA

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Se Aronowsky costruisce tutto il suo Black Swan con il lavoro meticoloso e ossessivo sul corpo di Natalie Portman, quello che fulmina è invece il lavoro brutale e sottile compiuto sul corpo (seminascosto) di Winona Ryder, ridotta ad un’ombra, uno squarcio di carne nel buio, una presenza/assenza, scura e ingombrante, sicuramente inquietante. Fino all’autodistruzione totale. Quasi una biografia in pochi frammenti di cinema.
AMOUR FOU NAPOLETANO
E’ quello trai  due protagonisti di L’amore buio, di Antonio Capuano. Prima il buco nero della violenza, poi il buio del carcere e del trauma post shock. Infine le lettere, deliziosamente scritte e lette dai personaggi e non da noi, che possiamo solo intravederne dei frammenti, delle parole.
E alla fine scoppiò l’amore, il più perverso e dolce, fou, di questo festival.
UN CRISTO OVERSIZE
Non ci appassiona per niente La passione di Mazzacurati, eppure quella cerimonia/festa ricostruzione del martirio di Gesù lascia il suo piccolo segno. Con Guzzanti schiacciato dalla croce del suo eccesso di realismo, salva la messa in scena un Battiston fuori misura, peso massimo che sfonda sedie e lo schermo. E una battuta di Orlando: “oggi Gesù sarebbe grasso”… Bum!
AFFIDARSI AL NEMICO
Ovvero all’altro da sé. E’ il completamento del rovesciamento del western classico, dopo le (auto)critiche anni sessanta e settanta e le (poche) riletture successive. In Meek’s Cutoff di Kelly Reichardt i coloni si trovano a scegliere tra la guida tosta del cowboy che li porta a perdersi (esperienza che puo’ essere fantastica, ma molto meno in un deserto…) e la lingua incomprensibile di quell’indiano, che forse è pronto ad ucciderli, oppure… a salvarli. L’America obamiana è ormai pronta per accettare il cambiamento di prospettiva.
MARIA ANTONIETTA E’ UNA STAR DEL CINEMA
Più che Lost in traslation, che tutti hanno individuato come riferimento immediato del Somewhere della Sofia Coppola, ci appare invece Maria Antonietta – spledida rock star viziata e “fuori dal mondo” del ‘700 che con l’arrivo della rivoluzione scopre il passaggio (impossibile per lei) dalla giovinezza all’età adulta – il prototipo d’immaginario del film. Con stephen Dorff che trova il senso del suo essersi perduto solo nella maturità, gioiosa/dolorosa e necessaria, del ruolo di padre. Con un tuffo in piscina con la figlia degno di Jean Vigo.
 
VIVEMENT DENEUVE!
Con un’esibizione più da Oscar che da Coppa Volpi, Catherine Deneuve in Potiche di Ozon sfonda lo schermo dopo pochi minuti cantando e muovendosi al suono delle canzoni anni sessanta. Leggerissima e prodondissima, giovane e anziana, donna di casa e magnifica industriale (e politica?). Un respiro di gioia dal cinema francese.
VINCENT GALLO, THE KING OF FESTIVAL
Ribelle islamico in fuga, disperato e vulnerabile, soffre ma reagisce e non si lascia schiacciare, nel magnifico “tour di sopravvivenza” che è  Essential Killing di Skolimowski, Gallo ci colpisce con quella scena in cui, affamato fino alla morte, assale la donna che allatta un bambino per nutrirsi egli stesso del suo latte. Un ascena di una selvaggità mai vista! E poi, filmaker totale, in Promises written in the Water, ci fulmina con un lavoro sul corpo d’amore/morte che lascia storditi. Mai avevamo visto filmare l’amore e la morte così, in una stessa, unica scena. Forse solo il finale di Duello al sole di King Vidor…
KIM, UN MOSTRO
Vallanzasca è il corpo nervoso e sottile di Kim Rossi Stuart, metà vero Vallanzasca altra metà dalla dolcezza spietata del Nemico Pubblico di  Johnny Depp. E quando entra nell asede delle Tasse con totale disinvoltura sembra John Dillinger che si fa il suo giro nel commissariato nel capolavoro di Michael Mann. Strepitoso!
AFFLECK+AFFLECK, COLPO DOPPIO
E’ il Festival dei fratelli Affleck, questo del 2010. Casey con un esordio tra i più estremi di sempre I’m still here, dolce e terribile docubioreality sul ritiro dalle scene cinematografiche di Joacquin Phonenix (per dedicarsi alla carriera di rapper), e Ben con il suo secondo film, The Town, thriller familar/emozionale esplosivo, più ancora nei sentimenti (padri, fratelli, donne) che nelle mitragliate per le strade di Charleston.
LA FINE E’ NELL’ACQUA
Ancora, Joacquin Phoenix, corpo belushiano che sparisce nel fiume seguito come un ombra dalla macchina da presa di Casey Affleck, ma pure Gianni Schicchi, in Sorelle mai di Bellocchio, che improvvisamente in un finale nell’acqua assai simile, diviene protagonista sotterraneo di un film che pure gioca con i filmini familiari come I’m still here. Il cinema di famiglia, si puo’ ancora fare. Nell’acqua…
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    Un commento

    • Bella questa lettura veloce e trasversale delle immagini del Festival, dovreste farlo più spesso. Ma sul serio il film di Bellocchio termina come quello di Casey Affleck?