Venezia 80 – La rivincita degli autori?

Considerato lo sciopero e le complicate premesse dei tempi che corrono, ci sembra che la Mostra abbia cercato un difficile equilibrio tra tradizione, nuove tendenze  e “maestri” riconosciuti

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Dove eravamo rimasti? Beh ripartiamo dalle ultime settimane e dallo sconquasso che lo sciopero degli sceneggiatori e degli attori americani ha prodotto. Uno dei principali ringraziamenti che il direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica ha lanciato durante la conferenza stampa di presentazione del programma 2023 è stata ai produttori e alla case di produzione di Hollywood “che hanno confermato fino all’ultimo gli impegni presi con Venezia”. Alberto Barbera ha ripetuto il messaggio per ben due volte, all’inizio e alla fine della sua conferenza, quasi a sottolineare una scampato pericolo. Non devono aver dormito sonni tranquilli gli organizzatori, dopo la decisione di Amazon e MGM di spostare di diversi mesi l’uscita in sala e la campagna promozionale dell’iniziale film d’apertura della Mostra, il bellissimo – a detta dello stesso Barbera, che non ha certo nascosto quindi il suo rimpianto – Challengers di Luca Guadagnino. Si temeva insomma un Effetto Domino che non c’è stato e così i principali film americani annunciati sono stati confermati e l’unico a saltare è finito con l’essere proprio il film di Guadagnino, sostituito dall’italiano Comandante interpretato da Pierfrancesco Favino.

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Barbera, solitamente impeccabile e sicuro di sé, stavolta è apparso un po’ stanco ma ha voluto ribadire l’importanza di un concorso composto da 23 titoli, tutti a parer suo “irrinunciabili” e di come per 15 dei 23 cineasti scelti si tratti della prima volta in Concorso a Venezia. Tra questi l’unica ad aver già vinto il Leone d’oro è Sofia Coppola, presente con Priscilla co-prodotto dall’italiana The Apartment. C’è molta Italia anche nell’atteso ritorno del grande Michael Mann (Ferrari), finalmente in Concorso per la prima volta a 80 anni. Sarà la rivincita degli autori? Tornano anche Bradley Cooper (Maestro), Pablo Larrain (El Conde) e Yorgos Lanthimos (Poor Things). Prima volta in competizione anche per Luc Besson con Dogman, film a quanto sottolinea Barbera trascinato da una grandissima interpretazione dell’attore australiano Caleb Landry Jones. C’è il nuovo, attesissimo The Killer di David Fincher e ci sono ben sei italiani a concorrere per il Leone d’oro, di cui alcuni chiamati alla prova del nove, come inevitabilmente Pietro Castellitto al suo secondo film da regista con Enea, Edoardo de Angelis e il più collaudato Saverio Costanzo, tutti alle prese con budget non trascurabili.

Mentre nel web, già a pochi minuti dall’ufficializzazione dei film scelti, alcuni haters e militanti femministe avrebbero rimproverato la presenza nel programma di autori ormai “problematici” a prescindere dal valore dei loro film come Roman Polanski (The Palace), Woody Allen (Coup de Chance) e lo stesso Luc Besson, Barbera ha ricordato la presenza di un 30% di opere dirette da donne – tra cui Origin di Ava DuVernay, molto atteso dalla stampa anglosassone e Holly della belga Fien Troch – e 60 titoli pervenuti in pre-selezione di cui gli autori “non hanno voluto dichiarare il genere di appartenenza”.

Che mostra sarà quindi? Considerato lo sciopero a Hollywood e le complicate premesse politiche, culturali e produttive dei tempi che corrono ci sembra che sulla carta Barbera abbia cercato un difficile punto di equilibrio tra tradizione, nuove tendenze  e “maestri” riconosciuti e di portare a casa una mostra “non spaventata – a dirla con il presidente Roberto Cicutto – dai cambiamenti tecnologici e di linguaggio contemporanei”. Certo è che la mancanza di glam dovuto alla probabile mancanza di star americane responsabilizzerà ancora di più, se possibile, organizzatori e selezionatori sulla qualità dei film proposti e sulla sostenibilità dell’esperienza-festival.

 

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