Venezia 80 – Origin: incontro con Ava DuVernay e il cast

Ava DuVernay è la prima cineasta afroamericana in Concorso nella storia della Mostra di Venezia. Qui ci ha raccontato genesi e ispirazioni del suo nuovo Origin, con Jon Bernthal e Vera Farmiga

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L’ ottava giornata del Festival di Venezia vede la presentazione in Concorso di Origin, il nuovo film della regista Ava DuVernay, interpretato da Jon Bernthal e Vera Farmiga. All’arrivo in sala conferenze per l’incontro con la stampa del Lido segue un caloroso applauso, ancora emotivamente scosso dalla visione del film. A volte la bellezza sta in una verità rivelata, in una lezione imparata. Realizzare Origin è stato un viaggio straordinario e complicato che ha mostrato la sua bellezza sia nei momenti più semplici che in quelli difficili”.

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Queste sono le parole dell’autrice, la prima regista afroamericana in concorso a Venezia. Nonostante ciò, però, la regista spiega quante volte venga ripetuto ai registi neri che nessuno è interessato ai loro film: “È una cosa che ci viene ripetuta spesso: non potete partecipare ai festival internazionali, non verrà nessuno, la gente non si presenterà alla vostra conferenza stampa, la gente non verrà alle proiezioni, non gli interesserà vendere i biglietti, potreste anche non essere ammessi al festival, quindi non candidatevi”.

E per questo motivo le resta difficile vedere questa “come una conquista senza pensare che ad altre nere per 80 anni è stata preclusa”.

DuVernay racconta al suo pubblico quanto sia stato purificante per lei leggere il libro che ha ispirato il film, Caste: The Origin of Our Discontents di Isabel Wilkerson. Il saggio di Wilkerson approfondisce le diseguaglianze sociali, scandite da un sistema castale, rigido e intransigente. Anche la scrittrice, fortemente impegnata nel lavoro di indagine, prende parte alla procedura di lavorazione del film, raccontando in prima persona alla regista vicende realmente accadute. Tra le tante, DuVernay ricorda quella di un giovane iscritto al partito nazista che rifiutò di fare il saluto a Hitler durante un comizio, perché innamorato di una donna ebrea.

Altro punto importante che vuole sottolineare la regista è il parallelismo tra arte e giustizia, tra la figura dell’artista e del cittadino, in quanto entrambi immaginano un mondo che ancora non esiste, ma che mediante le loro azioni possono creare. L’individuo fa la differenza e non deve cambiare sé stesso solo per la comunità, ma per uno scopo più grande, quello della collettività, in favore di un futuro giusto e libero.

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