#Venezia73 – Brimstone, western al femminile di Martin Koolhoven con Dakota Fanning

Il regista e la protagonista hanno presentato nella conferenza stampa di oggi il film in concorso alla Mostra di Venezia, un western dai toni violenti in stile USA ma dalle chiare sfumature olandesi

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Il regista Martin Koolhoven e la protagonista Dakota Fanning si sono presentati in conferenza stampa per rispondere alle domande dei giornalisti che hanno riguardato sopratutto l’insolita scelta di esordire nel mercato internazionale con un film western, Brimstone, in concorso a Venezia 73. “Sono sempre stato un amante dei gialli ma il mio genere preferito rimane comunque il western.” ha esordito Koolhoven che ha poi continuato “Quando è giunto il momento di girare un film in lingua inglese ho trovato subito buona la possibilità di questo film. Ne ho visti talmente tanti di questo genere che mi sentivo a mio agio nel farlo ma anche intimidito di sbagliare in una cosa che mi piaceva così tanto. I migliori del settore sono sempre stati gli spaghetti western, e non lo dico perché sono qui. Li ho sempre ammirati per come trattano un argomento americano ma restano attaccati al sapore italiano. Volevo fare lo stesso e mantenere le mie origini olandesi.”. Anche la scelta dei luoghi è stata legata a questa appartenenza alle origini come ha poi spiegato: “All’inizio volevo girare in Canada ma mentre facevo le ricerche un mio amico mi ha avvertito che c’erano dei posti in Europa che potevano sembrare americani. Ho cercato di approfondire anche per questioni di finanziamento ed ho trovato de posti perfetti in Spagna, Germani e Ungheria, poi il digitale mi ha aiutato.”.

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Il film ha come assoluta protagonista una donna che viene vista crescere dall’età dell’adolescenza a quella adulta passando da una serie di violenze e vendette sventate. La protagonista Dakota Fanning però non ha mai avuto dubbi sulla validità del progetto: “Il fatto che la protagonista fosse una donna è la cosa che mi ha convinta subito ad accettare. Il fattore femminile è sempre bello in qualsiasi film ma ancora di più in un western che è un genere fortemente maschilista.”. Tra le varie torture subite dalla protagonista c’è anche quella della perdita dell’uso della parola che però a livello recitativo ha solo motivato la Fanning: “Era un film che non vedevo l’ora di girare. Ero troppo affascinata da un progetto così intrigante che mi permetteva di tralasciare la parola e di comunicare solo attraverso le immagini.”.

Questa sfida recitativa sembra esser stata assolutamente vinta dall’attrice che ha ricevuto enormi elogi da parte del regista che ha ammesso che non era facile interpretare questo tipo di personaggio: “Fondamentalmente la storia è quella di una persona vulnerabile e forti perché quello che bisognava mostrare era proprio un percorso che la protagonista doveva compiere. Accadono un sacco di cose tra l’inizio e la fine e questo cambiamento si doveva vedere su Dakota. Lei però sapeva già sempre tutto, non serviva che le dicessi dove volevo andar a parare. E’ stata assolutamente fedele al personaggio e consapevole di tutto quello che succedeva contemporaneamente sul set.”.

Quello che rimane a fine proiezione è la tanta violenza che si è vista sul grande schermo, scaturita da un grande lavoro che il regista ha portato avanti per anni tra le varie riscritture. Questo però non deve destabilizzare il pubblico come avverte la Fanning che non ha avuto nessun problema ad affrontare scene del genere: “La violenza è fondamentale nella storia ma abbiamo girato anche scene di humor, molte da commedia. Per fortuna ho saputo ben dividere le emozioni da un ciak all’altro. Per quanto riguarda gli spettatori credono che ormai siano abituati, penso per esempio a Game of Thrones. Se i materiali di una vita di una persona sono questi bisogna attenersi.”.

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