VERSIONE RESTAURATA – “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, di Elio Petri
Dove altri hanno svolto il proprio compito, Petri ha lasciato una traccia, un segno indelebile come pochi. Il suo è un film che nel suo impianto nervoso e frenetico, come l’animo insaziabile del suo protagonista, spettacolarizza e rende visibile ciò che non sembra possa essere diventare immagine, cioè l’invisibile processo che porta alla verifica dell’inviolabilità del potere e dei processi che ne favoriscono la sua perpetua autoassoluzione. In sala da oggi fino al 10 aprile nel circuito The Space Cinema
… non ci sono poteri buoni…
Nella mia ora di libertà, F. De Andrè
Il segno di quanto siano cambiati i tempi è testimoniato dall’inesistenza, oggi, in Italia, ma non solo, di un autore così teorico, così schierato, così caparbio, così dentro, tanto da costituirne motore progettuale, i processi politici del suo tempo come Elio Petri.
In questo film del 1970 il regista romano compone uno dei suoi pamphlet più espliciti e diretti contro il potere e il rinnovarsi di una ininterrotta autoassoluzione. Un tema così ricorrente nella storia politica, ma stavolta non solo italiana, eppure così difficile da praticare al cinema, senza cadere nel dejà vu, nella banalità, nella routinaria rappresentazione di una cattiveria congenita del potere controcanto alle lapidarie parole del musicista genovese. Dove altri hanno svolto il proprio compito, Petri ha lasciato una traccia, un segno indelebile come pochi. Ma come è accaduto per altri suoi film – e uno su tutti La classe operaia va in paradiso, sempre con il fido Volontè – il suo cinema schierato dalla parte di una coscienza collettiva che si sentiva tradita, oggi, in questa congiuntura così simile a quel passato, paradossalmente non ha vita facile e il forse il (non casuale) restauro ne potrà favorire la visione.
Cosicché la storia di un alto funzionario di polizia (il dottore), che uccide la propria amante e rende evidenti le prove della propria colpevolezza anziché occultarle per dimostrare la propria intangibilità e la propria supremazia rispetto alla legge, diventa, per gli occhi dello spettatore, la metafora disperata e frutto di una radicale impotenza, di un potere inattaccabile e infrangibile. L’indimenticato Gian Maria Volontè, altro pilastro di una precisa teoria politica dentro il sistema dello spettacolo, e la perturbante Florinda Bolkan, nome oggi da scoprire tra le pagine di una storia sempre più demodé del cinema, danno corpo ai due personaggi principali del film. Un’opera che nel suo impianto nervoso e frenetico, come l’animo insaziabile del suo protagonista, spettacolarizza e rende visibile ciò che non sembra possa essere diventare immagine, cioè l’invisibile processo che porta alla verifica dell’inviolabilità del potere. Il film indaga su quell’inspiegabile meccanismo per cui la libertà di parola sembra fermarsi afasica davanti al riconoscimento dell’autorità pur senza autorevolezza, scavando dentro le nostre coscienze per fare emergere questo processo, in fondo omertoso, che il potere utilizza per la propria ininterrotta autoassoluzione.
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, in questo senso, appartiene anche al nostro presente, come buona parte del cinema di Petri, nell’avverarsi di quei cicli storici di vichiana memoria.
Regia: Elio Petri
Interpreti: Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Gianni Santuccio, Orazio Orlando, Sergio Tramonti
Durata: 118'
Origine: Italia 1970