We’re All Going to the World’s Fair, di Jane Schoenbrun

Racconto di formazione su sfondo horror, che con straordinaria lucidità ragiona di un’adolescenza rifugiata in rete per evitare di crescere a tutti i costi. Anche se volesse dire credere ad una bugia

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Forse Jane Schoenbrun è una delle migliori, almeno nella scena indie americana contemporanea, a ragionare senza filtri di identità in crisi. E ciò non si lega solo a ciò che c’è al centro del suo cinema, a questi adolescenti che costantemente raccontano, quasi in tempo reale, il loro confronto, traumatico, con il Mondo Vero, né si lega alla sua identità di persona trans e non binaria, già di suo “in discussione”. Piuttosto è lucidissima nel ragionare sul concetto identità nel contesto contemporaneo perché ne ammette la crisi, riconoscendo la necessità di ridefinire gli schemi ed i discorsi attraverso cui si riflette su di essa.

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Della Schoenburn si è già parlato con il suo recente I Saw the Tv Glow, presentato all’ultimo Festival di Berlino che già mostra tutto il campionario di linee tensive del suo immaginario, con al centro adolescenti colti nel momento forse più critico della loro crescita, quello che coglie il passaggio traumatico tra la pubertà e l’età adulta. E i giovanissimi di Jane Schoenburn non fanno altro, dunque, che ricucire, questo trauma, quasi tentando, disperatamente, di portalo fuori campo, legandosi, magari ad uno show ormai non più trasmesso (come in I Saw the Tv Glow), oppure partecipando ad una challenge online come nell’esordio We’re All Going to the World’s Fair, che si posiziona già alla fine dei tempi, dei racconti, dell’autofiction.

Casey è una teenager solitaria che, come molti coetanei, passa gran parte delle sue giornate in rete, tra i feed social ed il costante desiderio di raccontarsi. Un giorno viene a conoscenza dell World’s Fair Challenge, una sfida social identica a moltissime altre e che tuttavia attrae la sua attenzione.

La ragazza compie il semplice rituale per iniziare la sfida e decide di raccontare e di registrare ogni suo eventuale cambiamento attraverso i suoi strumenti quotidiani, le chat, i feed di reddit e, soprattutto, i vlog. Lentamente Casey si accorgerà, più o meno consciamente, di aver iniziato un percorso senza ritorno.

We’re All Going to the World’s Fair è un racconto tutto “nello schermo”, consapevole di quanto l’infosfera sia un altro filtro protettivo per l’adolescente. E così il film si popola di giovanissimi incapaci di raccontarsi se non attraverso il linguaggio del vlog, della reaction, dell’ASMR, prigionieri di un reale aesthetic di una moodboard di Pinterest. Ma, prevedibile, se l’identità degli adolescenti è in discussione lo sono anche i generi, i linguaggi, del loro immaginario. Bisognerebbe, ad esempio, ragionare su questo concetto di orrore.

We’re All Going to the World’s Fair è in effetti soprattutto un racconto di formazione su inquieto sfondo horror. Perché l’ingresso nell’età adulta fa paura, soprattutto in un contesto in cui, circondato da schermi e dati, il giovane utente non controlla più la narrazione che offre di sé, subendo piuttosto il trauma dato dalla distanza tra ciò che sta riprendendo la webcam con cui ti racconti e te stesso.

Eppure colpisce soprattutto come la Schenbrun contraddica le fondamenta del suo racconto, come, nella coda finale, porti in primo piano come l’attraversamento della soglia, l’ingresso nell’età adulta possa essere un fatto performativo, una posa, una parte da interpretare. Un gesto che pare, tra l’altro, rivoluzionario per molti motivi diversi. Perché ci si riappropria di uno spazio “analogico” e si prova a renderlo più forte dello spazio digitale su cui impattiamo ogni giorno; perché, forse soprattutto, si ammette che oggi l’incertezza, l’indefinitezza sono fondamenta del reale e dunque, anche se sembra una mossa disperata, qualcuno può anche fingere di essere bambino ancora un po’. Anche se vorrebbe dire credere ad una bugia.

 

Titolo originale: id.
Regia: Jane Schoenbrun
Interpreti: Anna Cobb, Michael J. Rogers, Holly Anne Frink, May Leitz
Durata: 86′
Origine: USA, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8
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