"Walk Hard – La Storia di Dewey Cox", di Jake Kasdan

Walk Hard - John C. ReillyJudd Apatow (qui produttore e co-sceneggiatore) ha un’idea della gag e dello sketch comico per cui l’esplosione fluviale dei sentimenti va mostrata per forza di cose come uno strappo violento, una ripercussione feroce su corpi e situazioni, una lacerazione insanabile nella carne – del film: una parodia feroce e riuscita dei biopic sulle star della musica americana, in una serie di punti davvero insostenibilmente violenta.

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Walk Hard - John C. ReillyIl cinema di Judd Apatow (qui produce e scrive in coppia col regista) continua a dimostrarsi insostenibilmente violento, esasperazione di una tendenza comunque insita alla commedia americana. E’ probabile che la più perfetta rappresentazione dell’essenza di questo cineasta sia la sequenza – tra l’altro irresistibile – in cui, facendo il verso al piccolo Ray Charles divenuto cieco in seguito al senso di colpa per aver fatto annegare il fratellino, Dewey da bambino giocando a duellare col fratello con gli attrezzi del padre in un fienile, finisca per tranciarne di netto a metà il corpo, da una parte le gambe, e dall’altra, per terra ma che continua tranquillamente a parlare, la metà dal busto in su. In seguito all’incidente Dewey perde il senso dell’olfatto (sì, Judd è in grande forma stavolta…), e viene perseguitato per il resto della sua esistenza dal fantasma del fratello morto (l’immancabile feticcio di Apatow, Jonah Hill, micidiale anche nell’ultimo Silberling di Torino, che di film in film appare sempre di più una forza comica formidabile). Apatow ha un’idea della gag e dello sketch comico per cui l’esplosione fluviale dei sentimenti va mostrata per forza di cose come uno strappo violento, una ripercussione feroce su corpi e situazioni, una lacerazione insanabile nella carne – del film (si pensi a 40 Anni Vergine, Molto Incinta, SuXbad). Allora l’istante in cui Dewey e la donna che è tornata da lui, Darling, finalmente riescono a finire a letto insieme, coincide con una sequenza in cui i due si amano continuando allo stesso tempo a prendersi selvaggiamente a schiaffi e a pugni per la rabbia del modo pessimo in cui si sono trattati l’un l’altro in passato. E il ricongiungimento finale tra Dewey e il padre che per tutta la vita non fa che ripetergli “è morto il figlio sbagliato!” si trasforma in un nuovo mortale e sanguinoso duello di lame nel fienile tra i due. Allora, Walk Hard è sicuramente una pellicola strepitosa, una parodia feroce e più che riuscita, tra gli altri, di Ray di Taylor Hackford appunto e Walk the Line di James Mangold – con più di un punto in comune, probabilmente inconsapevole (è verosimilmente difficile che Kasdan e Apatow avessero visto il film) con l’I’m not there di Todd Haynes. Questo finto biopic sulla vita inventata dell’inesistente rock-star Dewey Cox funziona ricorrendo ai meccanismi piuttosto classici di ribaltamento ed iperbole tipici dell’operazione-parodia: la ripetizione ciclica dei cliché porta ovviamente i due autori ad accanirsi con l’abusata sequenza – di nuovo, violentissima –  in cui la star, più volte preda della disperazione, sfascia di volta in volta il camerino, la stanza, l’intero appartamento (e ogni volta stacca dal muro un numero crescente di lavandini…). Filtra il tutto attraverso l’immenso e subito riconoscibile immaginario pop(olare) della storia della musica americana (Cox è di volta in volta Charles, Cash, Morrison nella vasca da bagno che attende la morte, Dylan in

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Walk Hard - John C. Reilly bianchenero dai filmati di Pennebaker…), e si serve delle esplosive performances di tutto un cast proveniente dalla ‘nuova scuola’ della comicità USA (mischiato alle partecipazioni di star della musica ‘as themselves’ come Jewel, Jackson Browne, i Temptations, un divertentissimo Eddie Vedder – e Jack White che mostra insospettate doti comiche in una meravigliosa imitazione di Elvis…), in stato di grazia: John C. Reilly nel ruolo del protagonista è semplicemente estasiante, Jason Schwartzman è sparso qua e là in tutto il film in una serie di personaggi – ma soprattutto è un Ringo Starr in India (pare che dopo il sublime Darjeeling Limited Schwartzman non riesca proprio a tornarci, dall’India…) nella sequenza già cult in cui Cox incontra i Beatles. E si ride parecchio (per una volta, risate non violente – anche se la scena si chiude con una rissa tra i quattro di Liverpool…) con il Paul McCartney di Jack Black, il John Lennon di Paul Rudd, il George Harrison di Justin Long. Davvero, la regia del figlio di Larry Kasdan, che seppure in maniera laterale incrociò le traiettorie dei magnifici fautori della strepitosa stagione della comicità USA di fine anni ’70 (scrisse Chiamami Aquila per John Belushi, lavorò con lo stesso Spielberg che aveva realizzato 1941), potrebbe essere l’ideale collante tra quella generazione e questa, patrocinata in qualche modo da Judd Apatow, che vede in attori come Reilly, Black e Schwartzman alcuni tra i ‘corpi’ principali. Non sarà un caso che nel film torni per la nostra grande gioia a recitare un altro campione dei vecchi tempi come Harold ‘Egon’ Ramis, ormai sodale di Apatow (era pure in Molto Incinta, e Judd gli sta producendo la nuova regia), nella strepitosa parte di uno dei produttori ebrei dei dischi di Cox, con barba riccioli e vestiario da rabbini, che si esprimono in yiddish.

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Titolo originale: Walk Hard – The Dewey Cox Story
Regia: Jake Kasdan
Interpreti:
John C. Reilly, Jenna Fischer, Paul Rudd, Justin Long, Jason Schwartzman, David Krumholtz, Harold Ramis, Kristen Wiig
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Durata: 96’
Origine: USA, 2007

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