Bellaria35 – Fugh int i scapàin, Sono Guido e non Guido ed Ero nato per volare

Ufficialmente aperta la 35 edizione del BFF. Si raccontano balere danzerecce all’alba, il poeta Guido Catalano e si ricorda la strage di Ustica e il Museo della Memoria quest’anno al suo decennale

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La 35˚edizione del Bellaria Film Festival è iniziata ieri nel tardo e fresco pomeriggio. Gilberto Casali, musicista del luogo, sale sul palco del Cinema Astra e con la sua fisarmonica suona un valzer dolce. Un motivo preciso accompagna questa scelta. Il motivo è il medio metraggio che apre il concorso, Fugh int i scapàin di Marco Landini e Gianluca Marcon che nel dialetto del posto significa fuoco nelle scarpe. Le prime scene mostrano una bellissima alba sul mare, giovani ragazzi che sistemano i cornetti caldi nelle teche e aprono ad uno ad uno gli ombrelloni. Lo stabilimento in questione è Bagno Corrado a Gatteo Mare. Un cartello spicca fra tutti: Club del Liscio all’alba, si può ballare dalle 06:30 alle 08:00. Lentamente gli anziani signori con la passione per il liscio, la polka e il valzer iniziano ad arrivare, agghindati come se fosse una serata speciale. Ma il sole non è tramontato, in realtà deve ancora sorgere. Fra tutti spicca la signora Antonietta, 84 anni, che racconta storie e intrattiene gli ospiti: negli anni 60 fu lei la giovincella che diede inizio a questa bella abitudine dello stabilimento romagnolo. È proprio una cura mattutina questa di ballare all’alba, una cura ai dolori del corpo ma anche un antidoto alla solitudine e alle sofferenze. Marco Landini e Gianluca Marcon incontrano il pubblico dopo la proiezione e raccontano di aver scoperto questa storia nascosta totalmente a caso, sentendo due signori invitare due signore al raduno mattutino. Fughi nt i Scapàin,  anche se piccolo è grande per la storia che racconta, una  storia di provincia dai significati ampi e meravigliosi, quasi fiabeschi. Lo sguardo amorevole, rispettoso e silenzioso della mdp rende questo medio metraggio un gioiellino in concorso in Italia Doc.

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Subito dopo si passa alla sezione Casa Rossa Doc. Dalla musica mattutina  alla poesia serale declamata sui palchi come fosse rock. Con Sono Guido e non Guido,  Alessandro Maria Buonomo, classe 92’, segue il poeta Guido Catalano durante il suo tour in Italia.  Accanto a una narrazione propriamente documentarista, Buonomo costruisce insieme agli sceneggiatori Paolo Cenzato e Marco Ferrarini una storia parallela: la storia del gemello nascosto di Guido Catalano, Armando, affetto da una terribile sindrome che lo fa parlare all’incontrario. Armando vive nell’ombra ma è lui in realtà il vero scrittore, colui che compone tutte le poesie che il gemello legge sul palco. “Il mockumentary ci sembrava uno strumento perfetto per raccontare il personaggio…” racconta Buonomo al pubblico. In effetti raccontare Catalano semplicemente seguendo durante il suo tour avrebbe sminuito l’originalità della persona, fisica e non. Sono Guido e non Guido tenta la definizione di un personaggio indefinibile (poeta? Performer? Comico?) attraverso l’uso della comicità paradossale, evidenziando l’insensatezza della vita messa in versi dal poeta. Non a caso durante l’incontro col pubblico Catalano cita un suo amico scomparso, fonte di ispirazione anche prima di conoscerlo, il bolognese Freak Antoni, leader degli Skiantos.
Ogni poesia letta sul palco da Catalano  vive della sua forma derisoria da cui emerge in un secondo momento la profondità. In questo senso la scelta del mockumentary è perfetta perché non prende sul serio né la vita del poeta né i suoi stessi versi, composti da un gemello inesistente che non sa parlare ma solo scrivere. Questo, occorre dirlo, funziona e non funziona, c’è qualcosa che sfugge. Contrariamente ai versi del poeta torinese qui lo spessore fatica a emergere dalla confusione goliardica e allo spettatore è negata la libertà di evincere un senso dal caos.

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La serata si conclude con un fuori concorso, una doppia proiezione legata alla strage di Ustica. Apre la scena il corto di venti minuti di Enza Negroni, in occasione del decennale del Museo della Memoria di Ustica a Bologna. Ero nato per volare. Il museo per la memoria di Ustica, mostra le immagini del trasporto del DC9 da Pratica di Mare a Bologna. Attraverso il testo di Marta Franceschini letto da Roberto Pedicini è l’aereo stesso a raccontare il suo ritorno, dopo essere stato ripescato nel mare e pazientemente assemblato pezzo per pezzo, fino alla sua ricostruzione. Le immagini si concentrano poi sull’istallazione permanente di Christian Boltanski che con 81 voci registrate e 81 lampadine ricorda delle vittime del volo del 27 giungo 1980, ridonando loro un di corpo. Infine è stato proiettato Ustica. Il missile francese di Emmanuel Ostian, inchiesta giornalistica trasmessa dal programma televisivo Matrix nel 2015. In sala era presente Daria Bonfietti, presidentessa dell’Associazione Parenti delle Vittime di Ustica.

Guardando il programma dei giorni a venire sembra essere questo l’andamento del BFF35: il passaggio da piccole realtà sconosciute a grandi casi d’Italia. Entrambi luoghi che la forma documentario deve indagare e raccontare.

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