Il bidone, di Federico Fellini

Un film amaro che spiazza lo spettatore negandogli la possibilità di un raggio di luce. Con importanti riduzioni di minutaggio dopo le prime reazioni negative a Venezia Lunedì 26, ore 10.10, Rai 3

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“Il cinema-verità? Sono piuttosto per il cinema-falsità. La menzogna è sempre più interessante della verità. La menzogna è l’anima dello spettacolo e io amo lo spettacolo. La fiction può andare nel senso di una verità più acuta della realtà quotidiana e apparente. Non è necessario che le cose che si mostrano siano autentiche…”  Federico Fellini

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Che lo si guardi da destra o da sinistra, come parte della trilogia della salvezza o della trilogia della solitudine, Il bidone appare schiacciato tra La strada (1954) e Le notti di Cabiria (1957) con importanti riduzioni di minutaggio dopo le prime reazioni negative al Festival di Venezia. Fellini aveva immaginato, con Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, una storia dal respiro molto più ampio che partiva alla maniera de I vitelloni e finiva come La strada, concentrandosi inizialmente sui tre “bidonisti” Augusto (Broderick Crawford), Picasso (Richard Basehart) e Roberto (Franco Fabrizi) per allargarsi ad approfondire i coprotagonisti Iris (Giulietta Masina), il barone Vargas (Giacomo Gabrielli) e la ballerina inglese Maggie (Mara Werlen).

il bidone giulietta masina richard basehart franco fabriziLa versione finale si concentra essenzialmente sul destino di Augusto, abbandonando le vicende degli altri personaggi. Non ci sono figure redentive o percorsi catartici, né particolari concessioni all’empatia dello spettatore: Fellini asciuga il proprio immaginario per proporre una umanità abbrutita che si arrampica sul davanzale del lusso per poi esserne scaraventata giù. Tra le luci delle feste in cui si suona Coimbra en Portugal e i riti orgiastici della società dello spettacolo (vi è un mini-spogliarello che preannuncia il rito dionisiaco de La dolce vita), Fellini inserisce ombre pesanti e un tono crepuscolare che deriva dall’incapacità di assumersi una qualche responsabilità. La messa in scena del “bidone” con il travestimento cardinalizio presuppone l’incapacità del truffato a distinguere la verità dalla finzione: abbagliati dal trucco e dall’illusione, questi poveretti (quasi tutti contadini, sottoproletari, proletari) si lasciano travolgere dall’ansia di cambiare il proprio stato. Non è trascurabile il fatto che i tre bidonisti partano da aspettative diverse: Picasso ha velleità artistiche e ammira i paesaggi di Corot e le tele di De Pisis, Roberto ha doti canore e vuole diventare il Johnnie Ray italiano, Augusto ha una particolare abilità nel travestimento. Il confine tra serio e faceto è molto labile e ricorda le oscillazioni tra clown bianco e augusto, tra etica e sua negazione: durante una festa nella notte  di San Silvestro sparisce il portasigarette d’oro di una delle partecipanti e Roberto viene invitato a restituire il maltolto. Scherza o fa sul serio? Fellini sorpassa l’estetica neorealista per approdare a uno stravolgimento lirico della rappresentazione della realtà: in queste figure trasparenti che attraversano Piazza del Popolo, si dimenano nei night-club o si perdono nel luna park di una sagra paesana, Fellini stabilisce un piano superiore di consapevolezza che non è solo quello dei personaggi rispetto al proprio fallimento, ma quello di un’artista che più finge e più si avvicina paradossalmente al vero.

il bidone broderick crawfordAugusto vede rappresentata la propria meschinità prima alla festa dell’amico trafficante Rinaldo/Trimalcione, e poi nella bellissima scena al cinema in cui, mentre assiste al film Pioggia di piombo con la figlia Patrizia (Lorella De Luca), vede crollare miseramente la propria messa in scena. L’ingenuità di sua figlia è identica a quella della disabile Susanna ed entrambe sono vittime del realismo delle apparenze, in cui l’oggetto del proprio desiderio viene sovra-naturalizzato piuttosto che accettato com’è. Così si crede che i cappotti lerci siano di lusso solo perché sono presenti bottoni nuovi, che verranno donate le case popolari, che dio regali un tesoro seppellendolo nel proprio terreno, che si verrà guariti dalla paralisi, che il proprio padre o marito sia una persona per bene. Quando Augusto con la schiena spezzata vede passare a pochi metri dalla strada delle donne e dei bambini che portano fascine di legno non fa che realizzare la propria miseria morale.

Il bidone è un film amaro che spiazza lo spettatore negandogli la possibilità di un raggio di luce: non c’è Gelsomina, non c’è la figura del Matto, non c’è Cabiria con il suo luminoso sguardo in macchina. Qui c’è un uomo che muore in solitudine strisciando nella terra e che fino all’ultimo ha mentito a sé stesso e agli altri: quelli che vede sfilare davanti agli occhi forse non sono angeli come diceva Bazin,  ma la proiezione di un mondo primitivo e innocente che Augusto ha finito per corrompere.

Regia: Federico Fellini

Interpreti: Broderick Crawford, Giulietta Masina, Sue Ellen Blake, Richard Basehart, Franco Fabrizi, Lorella De Luca, Giacomo Gabrielli, Marla Werlen

Durata: 104′

Origine: Italia 1955

Genere: drammatico

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