#Venezia75 – Your face. Incontro con Tsai Ming-liang

Al Lido con Your Face, Tsai Ming-liang racconta la sua predilezione per i volti comuni e cita Fassbinder, parla dell’importanza della contemplazione e dei tre momenti in cui davvero “vedi” un volto

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Your face. Il nuovo film di Tsai Ming-liang è un opera composta da volti, un insieme di linee ed espressioni che raccontano storie, anche e soprattutto quando non ci sono le parole. Il regista taiwanese, che definisce i volti “paesaggi da contemplare“, è un ospite molto caro a Venezia e prima di iniziare a parlare del suo film scherza sul fatto che avrebbe voluto un piccolo posticino in concorso. Il Lido per Tsai Ming-liang è un luogo importante, un luogo di fan dice, e soprattutto: “Un posto dove hanno sempre accettato il mio cinema e i suoi cambiamenti. Penso che il cinema debba sempre procedere, andare avanti. Questo film arriva dopo una mia opera dell’anno scorso in VR (virtual reality). Quando lavori con la VR tutte le abitudini da regista vanno abbandonate, è molto diverso, già solo per il fatto che il pubblico è dentro lo spazio e non lo osserva da fuori. Proprio per questo non puoi riprendere i particolari o girare primi piani. Infatti finito quel film mi sono reso conto che avevo davvero bisogno di primi piani. I volti che ho scelto, a parte quello di Lee Kang-sheng e della madre, sono tutti presi dalla strada e ho adorato riprenderli. Nel momento in cui li riprendevo vedevo che dopo un po’ di tempo avevano voglia di parlare ma a quel punto dovevo stare attento perché c’era il rischio che il film diventasse un documentario. Io volevo che fosse un’estetica costruita attraverso il montaggio dei volti più che sul racconto. Mi piace che la gente ami le facce, non mi importa quello che queste facce dicono. La vita dovrebbe essere così, contemplazione.

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Oggi si contempla meno? Sicuramente sì, visto che l’attenzione è incanalata in moltissimi dispositivi ma Tsai Ming-liang si riferisce ad un tipo di contemplazione unica nel suo genere: “Ho cominciato davvero a osservare i volti dieci minuti prima della morte della mia mamma. Sono rare le volte in cui osservi un volto con attenzione. Quando nasce un figlio o quando se ne va un tuo caro. E anche quando vedi un film, un volto al cinema. Oggi al cinema si vedono solo volti sexy e affascinanti, io invece prediligo i volti comuni, come Fassbinder. Un volto che amo tantissimo è quello di Lee-Kang-sheng, sono 30 anni che lo osservo e non mi ha mai annoiato. Non smetterò mai di riprenderlo, è una delle promesse della mia vita.

E mentre con i volti le parole passano gradualmente in secondo piano, emergono le musiche composte da Ryuichi Sakamoto, che il regista ha conosciuto proprio sulla spiaggia del Lido un anno fa. “Abbiamo moltissime cose in comune. Ricordo di avergli detto che stavo finendo un lavoro e che se fosse stato interessato avrei potuto mandargli subito una copia. Dopo un po’ di tempo mi ha proposto 12 pezzi musicali. Non ci siamo accordati su nulla, c’è stata moltissima libertà. I volti che riprendevo avevano già una loro musicalità ma con le musiche di Ryuichi sembra di assistere ad un live show che fa emergere i suoni già insiti nei componenti ritratti“.

E la ripresa finale, quel set vuoto e senza più volti, parole, persone?Lo spazio mi fa sempre pensare. In quello stanzone (che per anni è stata una stanza del governo giapponese), sono riuscito a registrare dei suoni umani come mai ero riuscito prima. Uno spazio cambia quando dentro c’è un uomo. E  quando le persone sparse in vari punti dello stanzone se ne vanno lo spazio rimane lì immobile.

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