11/7/2003 – Professione giornalistica: l'Italia nega il libero accesso?

In arrivo procedura d'infrazione dalla Ue

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L'Italia potrebbe subire una procedura d'infrazione dell'Unione Europea in merito alle restrizioni al libero accesso alla professione di giornalista imposte dall'ordine di questa categoria. Lo ha dichiarato recentemente il Commissario per gli Affari Sociali, la greca Anna Diamantopoulou. La "presunta infrazione del diritto comunitario" nasce dal caso, sollevato a Bruxelles dall'eurodeputato radicale Benedetto Della Vedova, del giornalista francese Claude Jeancolas. Quest'ultimo, dopo trent'anni di attività giornalistica in Francia, si è visto contestare il diritto alla direzione di due riviste del gruppo Rusconi-Hachette in quanto non iscritto all'ordine dei giornalisti, unica corporazione presente in Europa. Della Vedova ha così chiesto alla Commissione Prodi una verifica di compatibilità tra la legge istitutiva dell'ordine (n.69 del 3 febbraio 1963) ed il Trattato Ue, che tutela la libera circolazione dei lavoratori dei paesi membri. Ma ha anche contestato il "compromesso all'italiana" con cui l'ordine ha voluto risolvere il caso Jeancolas e le situazioni analoghe di giornalisti esperti che hanno rifiutato di sottoporsi all'esame obbligatorio (istituito per testare la preparazione di praticanti inesperti) o all'iscrizione nell'albo dei cosiddetti "giornalisti pubblicisti" in cui dovrebbe rientrare chi fa informazione come lavoro. Un'eventuale diritto riconosciuto al francese Jeancolas sarebbe così esteso ad ogni cittadino italiano e potrebbe cessare l'assurdità di un ordine che eleva a "giornalisti professionisti" noti "politici di mestiere" o altre figure professionali a libro paga di aziende, banche, lobby, enti pubblici e privati. Un sistema che ha portato a definire come semplice pubblicista perfino il famoso direttore del Corriere della Sera Ugo Stille.

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