American Night, di Alessio Della Valle

Il film traccia la via di un interessante rielaborazione della concezione Pop art nella cultura audiovisiva, anche se la narrazione alternata rende la componente noir poco intrigante.

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“Ai primi d’agosto del 1962 cominciai con le serigrafie. Volevo qualcosa di più forte, che comunicasse meglio l’effetto di un prodotto seriale. Con la serigrafia si prende una foto, la si sviluppa, la si trasferisce sulla seta mediante colla e poi la si inchiostra, cosicché i colori penetrano attraverso la trama salvo che nei punti dove c’è la colla. Ciò permette di ottenere più volte la stessa immagine, ma sempre con lievi differenze. Tutto così semplice, rapido, casuale: ero eccitatissimo. Poi Marilyn morì quello stesso mese, e mi venne l’idea di trarre delle serigrafie da quel suo bel viso, le mie prime Marilyn.“

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La storia nel corso del suo tempo ci ha dimostrato come una semplice tela possa essere non solamente un mezzo della manifestazione tangibile della visione artistica e concettuale del suo esecutore, ma anche il riflesso dei processi culturali del periodo storico a cui appartiene. Sicuramente durante il XX secolo questo indissolubile legame tra l’arte e il tramandamento culturale è arrivato al culmine con la Pop art. Dalla Coca-Cola di Mario Schifano, al Just what is it that makes today’s home so different, so appealing? del suo pioniere Richard Hamilton, fino ad arrivare al suo punto di riferimento Andy Warhol, che  forse più di tutti faceva della cultura di massa la sua matrice concettuale e stilistica. Un movimento che puntava il proprio sguardo tendenzialmente sulle evoluzioni culturali, si prefiggeva come uno dei suoi massimi obiettivi quello di scolpire e consacrare attraverso l’arte ciò che già di per sé era ed è sinonimo di iconicità. Forse l’esempio simbolo di tale visione è la serigrafia dedicata aMarylin Monroe di Warhol, capace di portare il volto iconico della tormentata attrice ad un’immortalità artistica quasi mai contemplata nella storia contemporanea. Infatti non solo una sua componente, ovvero Shot Sage Blue Marylin , recentemente è diventata l’opera del ‘900 con il prezzo più elevato ad essere mai stato battuto in un’asta d’arte, ma è anche l’elemento su cui ruota il neo noir diretto da Alessio Della Valle: American Night.

In una New York molto più tendente ad emulare una Gotham oscura e lercia piuttosto che ad una metropoli in progressiva ebollizione artistica, seguiamo la storia di John Kaplan (Jonathan Rhys Meyers), un ex falsario d’arte in procinto di aprire la sua prima galleria d’esposizione malgrado, complice il suo losco passato, viva nella continua paura di perdere il poco che è riuscito a mantenere negli anni e di incombere nuovamente nel crimine. Purtroppo, per via di un fortuita occasione, entra in possesso della Marylin Monroe-Hot Pink di Warhol, un pezzo perduto della collezione del gangster Michael Rubino (Emile Hirsh), che farà di tutto pur di riaverla.

American Night è scolpito attraverso l’enorme calco del vasto cosmo delle immagini che hanno contraddistinto la cultura dell’audiovisivo Pop dello scorso secolo. Il mondo creato da Della Valle, alla sua prima regia, si basa essenzialmente nell’evocare i volti, le forme e i linguaggi di questo universo dal sapore nostalgico, ma dalla valenza artistica ed umana estremamente forte e riconoscibile. Si passa così dall’ambientazione DC e poi al bar dedicato alle rockstar decedute, dove puoi trovare i baristi mascherati da Kurt Cobain e Jimy Hendrix, fino al gangster Rubino, interamente costruito sulla figura e sulla contraddittoria psiche di Michael Corleone. Sembra che il regista fiorentino abbia voluto ricalcare le orme del movimento pop art, ovvero portare, anche attraverso una rivisitazione apertamente fasulla, ad un livello commemorativo d’immortalità i propri personaggi, come se fossero delle tele in movimento pregne di iconicità rielaborata. Infatti American Night si pone allo spettatore come una gigantesca galleria d’arte figurativa ,e non solo, del ‘900, dall’impronta riconoscibilissima ma dall’organizzazione che purtroppo lascia con l’amaro in bocca. Se dal punto di vista formale ed iconografico il film funziona perfettamente, la scelta di costruire la storia attraverso una narrazione alternata  inaspettatamente delude. Ovviamente con la volontà di rendere il film il più vivace possibile (dato che ragioniamo per immaginari possiamo paragonarlo ad un operazione alla Ritchie), il risultato è quello di aver ottenuto una materia scompigliata, che purtroppo va ad intaccare la componente noir/thriller che progressivamente diviene sempre meno intrigante. I suoi protagonisti funzionano, soprattutto Hirsh, ma complice una trama sicuramente non originalissima, in special modo nelle fasi romance, e a tratti anche frettolosa, sembra che reclamino inconsapevolmente una profondità di maggior spessore, piuttosto che essere abbandonati ad essere solamente degli elementi figurativi e dal facile rimando.

Regia: Alessio Della Valle
Interpreti: Emile Hirsh, Jonathan Rhys Meyers, Paz Vega, Michael Madsen, Jeremy Piven, Fortunato Cerlino, Annabelle Belmondo
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 123′
Origine: Italia, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
3.14 (7 voti)
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