Asian Film Festival 2007 – "Spider lilies", di Zero Chow

Spider Lilies La regista lavora su diversi piani temporali che riesce ad intrecciare in maniera sorprendente, puntando sui sentimenti, fino a ricomporre l’intero quadro, l’intera storia. Immagini e parole trovano il loro posto senza forzature, finiscono per combaciare perfettamente e tutto questo attraverso una scrittura filmica libera, personale, poetica.

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Lo spider lily è il fiore della morte. Secondo antiche leggende segna il sentiero che porta al regno dell’oltretomba. Ma è anche il disegno che Takeko, una tatuatrice, ha sulla pelle della spalla e del braccio. Perché un tatuaggio non è solo una forma d’abbellimento del proprio corpo, può essere anche un segno indelebile che vuole ricordare qualcosa. Là dove la mente e il pensiero tendono a dimenticare, il corpo rammenta, tiene vivo.
Un’altra ragazza, Jade, entrando nel negozio di Takeko e vedendo il disegno con gli spider lilies attaccato ad una parete, decide di volerlo come tatuaggio. Jade è un’adolescente, si guadagna da vivere con spettacolini hard in una chat line, vuole quel tatuaggio per ricordarsi del suo primo amore.
I ricordi, che tanto racchiudono e che ancora ci parlano, anche quando sarebbe meglio dimenticare, seppellire il passato. Un passato carico di dolore per entrambe le protagoniste, dove la perdita o la mancanza di qualcuno diventa necessità di donarsi e imparare ad amare. Zero Chow, la regista, lavora su diversi piani temporali, che riesce ad intrecciare in maniera sorprendente, puntando sui sentimenti, fino a ricomporre l’intero quadro, l’intera storia. Immagini e parole trovano il loro posto senza forzature, finiscono per combaciare perfettamente e tutto questo attraverso una scrittura filmica libera, personale, poetica.
Frammenti di passato e schegge di presente, il mondo reale e quello virtuale che si confondono, come se quei sentimenti che vibrano sotto la pelle non riuscissero a manifestarsi in un gesto, una carezza, un abbraccio e avessero bisogno di una distanza, di un distacco, per poter diventare indispensabili, per far sentire quanto siano necessari. E il tatuaggio diviene così metafora, segno sulla pelle che porta dolore e bellezza, anzi che attraverso il dolore raggiunge la bellezza, che cerca di catturarla in una forma, segno indelebile a testimonianza di qualcosa, l’amore o il suo ricordo.
Puro erotismo che scorre lungo quei corpi, desiderio di toccarsi e infine di infrangere ogni barriera epidermica, riuscire ad entrarsi dentro, respirare la stessa aria, essere lo stesso corpo.
Zero Chow esprime sentimenti profondi e li fa emergere attraverso i volti e la sensualità delle sue attrici (Rainie Yang e Isabella Leong), attraverso un racconto frammentato eppure estremamente funzionale. E partendo dalla morte e dalla sofferenza arriva a trovare l’amore, in un percorso inverso rispetto a quello che le leggende attribuiscono allo spider lily, un percorso che dall’oltretomba porta alla vita.

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