BELLARIA FILM FESTIVAL 2004 – Tra animazioni, concepimenti e "case rosse"

Sotto l'egida rassicurante del triumvirato Costa-Morandini-Segre (che spegne la terza candelina) anche quest'anno è in corso "Anteprima – per il cinema indipendente italiano", factory festivaliera dai mille percorsi. Ma lo zoccolo duro della manifestazione è sempre il concorso "Anteprima", vetrina imprescindibile per i videomakers emergenti

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Anteprima

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Beta, beta digital, beta sp, dv, dvcam, mini dv, 8mm, 16mm, 35mm. Tanti sono i formati in gioco in questa sezione-cardine quanto la libertà e la creatività che vi è spremuta dentro. Carrellando liberamente in questa terza giornata c'imbattiamo in Die for me di Anna de Manincor, dove un branco di amici con tendenze nietzchiane super-omesche si tuffa nei colori elettrici di un corso d'acqua illuminato da una centrale-cattedrale energetica mentre una voce-off un po' fastidiosamente sentenziante accompagna immagini che citano L'Atalante di Vigo e risuona il morbido feed-back di una chitarrra impugnata dal cantante del gruppo rock Afterhours Manuel Agnelli, autore del racconto "Morireste per me?" a cui la regista si è ispirata. Più interessante per la sua durezza il primo reportage della giornalista Marina Piccone, Gli ergastolani bianchi, dove si prosegue su pellicola uno scavo iniziato sulla carta stampata teso a mettere a nudo l'assurda esistenza dei sei OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) sparsi sul territorio nazionale, luoghi-non luoghi ibridi, né ospedali psichiatrici perché senza strutture sanitarie adeguate né carceri perché dotate di personale detentivo inabile a gestire le patologie in gioco, dove si marcisce anche fino alla morte dopo esserci finiti spesso per un semplice insulto a pubblico ufficiale che conduce a scoprire l'incapacità d'intendere e volere dell'accusato. Debole ci è apparso Sarà gelida l'estate? di Sergio Sciarra in cui un regista teatrale è spinto dal suo rimosso affettivo legato a un giovane attore, prematuramente scomparso, a intraprendere la carriera recitativa che aveva evitato per dare un senso a quel decesso; così pure il supponente La stanza di Caronte di Giuseppe K. Miglietta, che suggerisce percorsi di eutanasia o matricidio in un appartamento abitato da un giovane e dal corpo senza vita della madre, non trovando miglior metafora alla situazione di un ventilatore spento e poi riacceso per dire che "…la vita continua".


Le sorprese vengono dall'animazione, quella del fecondo minimalismo de I pupi del 23enne catanese Giulio La Monica dove, sulle sensuali fluttuazioni del sound jazzistico di Duke Ellington e con scenografie gentilmente fornite da Claude Monet a fare da sfondo, i protagonisti si chiamano Lui e Lei, Io e Tu, Nino e Maria, Maresciallo e Brigadiere, A, B, C, D, Tano e i tre Blò e interagiscono tra di loro con nouveaux nuvolette fumettistiche seghettate ai bordi come francobolli dove il regista scrive a penna battute monche, lasciate a metà e fulmineamente ricucite in extremis producendo un esilarante saggio sull'incomunicabilità fondato sullo sproloquiare nullo del bla bla bla. Gradevole risulta anche Mr Mille di Massimo Carrier Ragazzi in cui un ometto ossigenato apprensivo come il memorabile scoiattolo de L'era glaciale si trova alle prese con un futuristico motociclo che sfugge al suo controllo come la ghianda del sopracitato animaletto o una sequenza di Chuck Jones. La fiction più matura proiettata s'intitola, invece, Sono incinta, mediometraggio della 35enne romana Fabiana Sargentini dove in un felice montaggio "polisemico" 69 uomini presi dalla massa e non come Serafino Murri e Marco Giusti raccontano con impagabili micro-mimiche, affermazioni lapidarie ("ho avuto chiara, limpida la sensazione che ero morto!"), racconti dettagliati fino alla nausea, le reazioni infantili, gioiose, buffe, angosciate, dolorose, insomma"maschie" alla notizia di star per diventare padre tra preservativi bucati, pillole del giorno dopo, aborti, figli visti per la prima volta in una foto allegata ad un e-mail. Da segnalare anche un arretrato dei primi giorni (sempre d'animazione): il delizioso, borbottante corto Café l'amour di Giorgio Valentini, curioso mix animato tra un pizzico di Tati e tanto Bozzetto (del quale Valentini è stato collaboratore dal '72 e dal quale è stato evidentemente influenzato nel tratto) dove i vasi (in)comunicanti di coppie bizzarre come quelle in carne e ossa si producono in esilaranti nevrosi verbali, vomitate addosso davanti ad un caffè o ad un aperitivo.


 


Premio Casa Rossa


E in questa terza serata, nella tradizionale sede del cinema Astra, sono stati premiati i vincitori del Premio Casa Rossa: i lungometraggi indipendenti, italiani e "invisibili" usciti nelle sale l'anno scorso e votati da una giuria di critici quali Canova, Fittante, Fornara, Nepoti, Pezzotta, Porro: miglior regista il milanese Michelangelo Frammartino al suo esordio nel lungometraggio Il dono che compie un grande salto dopo aver vinto appena 2 anni fa il micro-concorso bellariese 150 secondi a tema fisso (centrato quell'anno su "Emergenza"), miglior attore Luigi Maria Burruano per Il ritorno di Cagliostro di Ciprì e Maresco che avremmo voluto vincesse invece per la mirabile prova fornita nel (in)frangibile Liberi di Tavarelli, miglior attrice Sonia Bergamasco (anche giurata del Concorso "Anteprima") per Amorfù di Emanuela Piovano, mentre il miglior contributo tecnico è stato giudicato la fotografia di Franco Piavoli per il suo Al primo soffio di vento.





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