BERGAMO FILM MEETING 31 – Incontro con Regina Pessoa

regina pessoa

L'incontro che apre le conversazioni con gli autori al Meeting Point vede il ritorno di un volto noto al Bergamo Film Meeting, quello della portoghese Regina Pessoa, artista e regista alla quale il Festival aveva dedicato una personale nel 2011 e che lo scorso anno aveva realizzato la sigla di apertura. Quest'anno Pessoa torna per presentare il suo terzo lavoro, Kali, o Pequeno Vampiro, un corto di animazione che sarà presentato nella serata del 10 marzo.

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regina pessoaL'incontro che apre le conversazioni con gli autori al Meeting Point vede il ritorno di un volto noto al Bergamo Film Meeting, quello della portoghese Regina Pessoa, artista e regista alla quale il Festival aveva dedicato una personale nel 2011 e che lo scorso anno aveva realizzato la sigla di apertura. Quest'anno Pessoa torna per presentare il suo terzo lavoro, Kali, o Pequeno Vampiro, un corto di animazione che sarà presentato nella serata del 10 marzo. Pessoa racconta al pubblico accorso, nonostante la battente pioggia, il suo lavoro di animatrice in questo difficile momento di crisi, tra aneddoti e interessanti commenti tecnici. 

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Kali, o Pequeno Vampiro è il terzo film di quella che potremmo definire la Trilogia dell'infanzia dopo A Noite e História Tragica cum Final Feliz. In che modo questo di ricollega agli altri due? 

Quando ho realizzato il secondo film, mi sono resa conto che c'erano temi comuni con il primo, quelli dell'infanzia e le difficoltà che essa comporta. Ho pensato allora che servisse un terzo film per riappacificare gli altri due e in questo i problemi si risolvono, il protagonista trova finalmente un posto nel mondo.  

Nel primo film troviamo l'incomunicabilità con il mondo adulto mentre nel secondo c'è una fine magica… 

Sì, è una riflessione che ho fatto anche io. Nel primo, c'è un personaggio con dei problemi che non trovano soluzione. Nel secondo, il bambino cresce, diventa adolescente e cerca di risolvere i problemi attraverso la magia. Ma questa non è una soluzione poiché non è realista. In Kali non esistono soluzioni magiche, ma solo accettarsi così come siamo.   

Nei primi due film hai fatto ricorso a tecniche diverse. Qui passi al digitale. Come mai? 

C'è sempre lo stesso stile grafico nei tre, nonostante le tecniche siano diverse. Per il primo ho usato l'incisione su placche di gesso, cosa che nessuno faceva. Si potrebbe definire come un film in stop motion perché incidevo, fotografavo e poi con le foto in sequenza creavo l'animazione. Nel secondo, invece, ho fatto ricorso all'incisione su carta con china, metodo più facile e questa volta avevo a disposizione una piccola equipe. Ma è comunque una tecnica lenta. Per questo è stato il mio produttore a chiedermi di utilizzare la grafica digitale. Per me è stato uno shock violento visto che di computer non capivo nulla. Solo dopo due mesi sono riuscita ad avere un “click” con il computer. Ho lavorato con una tavoletta grafica e con Photoshop. Il segreto sta comunque nel mantenere il proprio tratto, nonostante la tecnica sia così diversa. 

Che differenze hai trovato tra l'analogico e il digitale? 

Il digitale è una trappola. È più rapido, ma il tempo che risparmi a disegnare poi lo perdi per tutte le possibilità che il computer ti offre. Alla fine ho impiegato lo stesso tempo. 


Nella versione inglese e francese troviamo il voice over di Christopher Plummer. Come hai fatto a coinvolgerlo nel progetto?
 

Il film è una coproduzione con il Canada e Plummer è canadese. Per me era importante che l'attore conoscesse sia l'inglese che il francese. Anche se all'inizio io avevo pensato a Leonard Cohen, ma era in tour, quindi non ha potuto fare il doppiaggio. Il mio produttore allora ha contattato Plummer. 

In questo difficile momento economico, com'è produrre un film in Portogallo? 

È sempre difficile produrre corti. Hanno una vita breve per quanto riguarda la distribuzione. Ancora di più con la crisi e soprattutto in Portogallo, che è un paese periferico. Per questo il film è stato coprodotto con Canada, Francia e Svizzera. Il prossimo progetto, un lavoro su cosa dire essere adulto, ha già avuto finanziamenti dal governo portoghese, ma comunque io ho messo di mio due milioni di euro…che ancora non mi sono stati restituiti. 

Il cinema viene sempre più fruito su canali diversi rispetto alla sala. Che tipo di rapporto hai con quello che viene definito post-cinema? 

È sempre difficile commercializzare corti. Bisogna creare prodotti che allunghino la vita del film, organizzare tour in festival e magari prodotti alternativi che accompagnano il film come, ad esempio, libri o mostre. Per il precedente ho realizzato un'esposizione, che ho portato anche qui da voi e che ha girato per 14 paesi. Alla fine ho guadagnato più con quella che con il film.

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