Blog DIGIMON(DI) – Il tempo digitale…ovvero come siamo diventati?

Qualche mese fa ero ad una proiezione stampa, in una di quelle belle salette delle Case di Distribuzione, a vedere un bel film con Robert Redford. Pochi gli spettatori in sala e, in prima fila accanto a me e al buon Paolo D’Agostini, due “colleghi” più giovani (ma non troppo…) che, per tutto il film, hanno trascorso il loro tempo a chattare su Facebook e/o Whats’app, gettando ogni tanto un’occhiata alle avventure acquatiche di Redford. Ora a parte il fastidio che possiamo provare per questi schermi luminosi che invadono e violentano il “buio naturale” della sala cinematografica, quello che però colpisce – azzerando i commenti sulla professionalità del vedere i film in quel modo – è il cambiamento che sembra ormai inevitabile, sull’uso del nostro tempo che “gli schermi che ci guardano” in qualche modo ci hanno imposto. Al di là dei soggetti più ansiosi e dipendenti, come i due colleghi della proiezione, quanti di noi opinion_text_brook-bruning2resistono alla tentazione, appena si ha un secondo, di controllare il proprio smartphone? Il dispositivo che portiamo sempre con noi è diventato in pochissimo tempo parte integrante del nostro tempo. Quanto tempo dedichiamo a consultare lo schermo (per fare tutto, dalle news alle chat, alle mail o alle ricerche o ai giochi..)? Sarebbe interessante filmare e poi studiare una moderna “riunione di redazione”: a stento ci si guarda in faccia, tra portatili, tablet e smartphone tutti sono più impegnati a guardare gli schermi che a osservare i volti delle persone.

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walking-with-mobile-phone_shutterstock_300A un’altra, più recente, proiezione per la stampa, quelle in cui oggi vengono “imbustati” tutti i dispositivi mobili per la protezione antipirateria, ho visto molte persone come smarrite senza il proprio dispositivo, che giravano la testa in attesa del film come a – finalmente – cercare gli altri in sala. Senza il cellulare il tempo di attesa diventava incredibilmente lungo, quasi insopportabile. Siamo alla fine dei nostri “tempi morti”: il vuoto temporale, l’attimo dello stare da soli con se stessi, è ormai definitivamente congedato, ad esclusione di quei rari momenti in cui non c’è la connessione. Il nostro tempo è cambiato, l’uso che ne facciamo è cambiato.

Per questo ho trovato molto interessante il post di oggi di Martina Pennisi su Wired, che mi diverte riportarvi integralmente. Come sono cambiati i nostri comportamenti al ristorante? Come gli schermi portatili influiscono sui nostri (ed altrui!) tempi? Da leggere prima di fare una buona cura disintossicante….(ma anche per capire come possiamo attrezzarci al cambiamento ormai in atto…).

Recensioni online, quando il ristoratore risponde punto per punto

Un locale di New York ha collezionato brutti voti per la lentezza dei suoi camerieri. A ben guardare, però, la storia era molto diversa da come sembrava (Foto: Maurizio Pesce / Wired)(Foto: Maurizio Pesce / Wired) Tripadvisor e simili, per gli esercenti, sono spesso una gran scocciatura, inutile raccontarsela. Se monitorati adeguatamente possono diventare anche però spunto per eventuali interventi migliorativi. Un ristoratore di New York ha deciso di guardarla da questo punto di vista e di prendere sul serio le recensioni pubblicate su Craigslist. E proprio su Craigslist rispondere direttamente ai commenti. La critica più comune, scrivono raccontando la loro storia, era relativa alla lentezza del servizio. Accusa strana, perché negli ultimi 10 anni il numero di clienti è rimasto invariato, il personale è aumentato e alcune voci sul menù sono state eliminate. Com’è possibile, quindi, che i clienti continuino a considerare eccessivo il tempo trascorso al tavolo per ordinare e consumare il pasto? Il ristoratore, come detto, l’ha presa molto sul serio e ha assunto una società di consulenza per venirne a capo. Il consiglio, che immaginiamo sia stato lautamente pagato, è stato di mettere a confronto le registrazioni del sistema di sorveglianza interno di un tipico pranzo del 2014 con quelle di un giorno del 2004, recuperato grazie a un nastro rimasto nei dispositivi di registrazione poi rimpiazzati dall’impianto digitale. Dieci anni fa 45 clienti sono entrati nel locale, 3 dei quali hanno chiesto di cambiare tavolo. La media del tempo necessario per guardare il menù e scegliere il piatto o i piatti da ordinare è stata di 8 minuti – e i camerieri hanno preso gli ordini immediatamente. Per servire ci sono voluti più o meno 6 minuti, con variazioni dovute alla complessità del piatto. Due su 45 li hanno rimandati indietro. Consumato il pasto, ricevuto e pagato il conto, i clienti hanno impiegato 5 minuti a lasciare il locale. Il totale dall’ingresso all’uscita è stato di un’ora e 5 minuti. Nel 2014 è entrato lo stesso numero di clienti, con un numero superiore di camerieri a disposizione. Sono stati in 18 a voler cambiare posto. Una volta seduti, il menù è stato, se non l’ultimo, il secondo punto nella lista dei loro pensieri: il primo è il telefono, per scattare foto, navigare in Internet o compiere altre attività che ovviamente il ristorante non è in grado di monitorare. Per 7 clienti su 45 il primo contatto con il cameriere è stato proprio per chiedere lumi sulla connessione Wi-Fi, impiegando circa 5 minuti a occuparsi dello smartphone. Quando i dipendenti hanno provato a chiedere le ordinazioni, si sono sentiti rispondere spesso e volentieri di tornare qualche minuto dopo, per lasciare più tempo per consultare il menù. Solo dopo una media di 21 minuti i clienti sono stati pronti per ordinare. I piatti sono arrivati dopo altri 6 minuti – media calcolata tenendo conto sia di quelli semplici sia di quelli elaborati. 26 commensali su 45 hanno dedicato 3 minuti a scattare fotografie di quanto appena servito, con il cellulare ovviamente. In 14 hanno rivolto l’obiettivo anche verso quanto ordinato dai compagni di tavolo, perdendo altri 4 minuti. Sono stati poi in 9, a rimandare indietro il piatto, perché mentre si giocherella con il telefonino il cibo si raffredda inevitabilmente. Il nutrimento sembra davvero un’attività accessoria: 27 clienti hanno chiesto al cameriere di scattare loro una foto e 14, non contenti del primo scatto, hanno insistito per un secondo tentativo. Altri 5 minuti andati. Tutto questo digitare ha aggiunto 20 minuti al tempo dedicato nel 2004 al consumo di quanto ordinato. Anche il momento del conto si è rivelato laborioso, inutile dire di chi – anzi di cosa – sia colpa, e ci è voluto un quarto d’ora in più rispetto a dieci anni fa. L’ossessione da condivisione prosegue anche mentre si guadagna l’uscita, con 8 clienti su 45 che inciampano sui camerieri mentre continuano a digitare come dei forsennati. Tempo totale? 1:55 minuti. Adesso vallo a spiegare ai recensori di Craigslist…

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