BRASILE 2014 – L'ennesima replica di successo

Ci sta provando la Pulce a emulare il suo mito Diego, eclissandosi per intere partite per poi esplodere in singole giocate che fermano il tempo. Due gol quasi fotocopia, uguali a tanti altri segnati in maglia blaugrana: ennesima replica di successo per il grande Autore Leo Messi. E poi in serata ecco la Germania del bizzarro Joachim Löw, sospinta da una tattica rigorosamente ad altezza di naso…

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Argentina e Germania, nello stesso giorno. Strana sensazione, un po’ come tornare bambini, per chi come il sottoscritto è nato alla fine degli anni ’70 e ha sempre sofferto di non avere avuto ricordi nitidi del “mitico”, “leggendario”, “epico”, campionato del mondo del 1982, confinato solo nei racconti entusiasti di cugini adulti, genitori o compagni di scuola più grandi. “Ma che ne sai tu se non hai vissuto l’urlo di Tardelli?”. E no, avevo 3 anni e probabilmente poco mi importava del calcio allora, i miei primi ricordi di un Mondiale risalgono al 1986, ad un Italia un po’ sbiadita spazzata via da Le Roi Platini e di un Maradona che incantava già Napoli e ipnotizzava il mondo con serpentine da libro di Storia, per poi spaccarlo in due fazioni con la sua fatidica mano de dios. Il vero spartiacque del calcio moderno: un giocatore talmente superiore alla media dell’epoca che impose un nuovo standard a tutti gli altri, costretti a difendersi potenziando solo il fisico. Argentina-Germania fu la finale, il gol di Burruchaga del 3-2 sotto il torrido sole messicano che ricordo come fosse ieri, e poi Diego che alza quella Coppa con un sorriso di bambino che mai più gli avremmo visto sul volto…quattro anni dopo, a Italia ’90, ci fu la replica. Il secondo campionato del mondo di cui ho ricordi, quelle di un’Italia strepitosa e delle notti magiche, dei fischi all’inno argentino e della rabbia furente di Diego; quello che si concluse di nuovo con Argentina-Germania e il famigerato rigorino tedesco segnato da Andy Brehme. La vendetta dei panzer era servita. Non se ne usciva però: per il ragazzino che ero la parola “Mondiale” faceva ormai rima fissa con quelle due squadre, la coppa del Mondo era sempre roba loro. E certo (mi) fa un po’ tristezza a più vent'anni di distanza vedere i due protagonisti dell’epoca, Maradona (in campo) e Beckenbauer (nell’’86 in panchina), per motivi diversi tenuti oggi lontano dal Maracanà. Uno vittima degli insolitamente pignoli controlli brasiliani con gli accrediti, l’altro per essere stato indirettamente coinvolto nell’affaire Mondiali 2022 in Qatar e dichiarato “persona non gradita in Brasile”…come cambia il calcio.

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Veniamo a oggi pertanto, al tempo di Lionel Messi e Joachim Löw. Dell’eterno “erede di Diego” che ha messo ai suoi piedi il calcio europeo per quasi un decennio con il tiki-taka e palla-a-lui targato Barcellona, ma che non è mai riuscito in nazionale a firmare memorabili pagine calcistiche. Ci sta provando ora la Pulce a emulare il suo mito, eclissandosi letteralmente per intere partite per poi esplodere come un fulmine nel deserto in singole giocate che fermano il tempo e ci incollano di nuovo a quello schermo. Ci fanno tornare bambini. Sia con la Bosnia che con l’Iran appare un po' svogliato e abulico, per poi accendersi per un solo minuto e segnare due gol fantastici quasi fotocopia, identici a tanti altri visti in maglia blaugrana: palla-a-lui che arriva dalla fascia destra, attraversa quei fatidici dieci metri in diagonale fendendo la linea bianca dell’area avversaria, supera i difensori a velocità inumana e poi sfodera un tiro a rientrare angolatissimo e imprendile per qualsiasi portiere. Gol. Sempre lo stesso. Ennesima replica di successo per il grande Autore Leo Messi, puntuale come un film di Steven Spielberg nel regalare lo Spettacolo promesso al suo pubblico affezionato. E nonostante quel movimento a rientrare sia veramente sempre lo stesso, i difensori di qualsiasi latitudine non riescono quasi mai a sabotarlo, diventando anche loro spettatori, quasi a ribadire che i veri capolavori li si ammira sempre come la prima volta. Anche alla centesima visione. Ieri un 1-0 sofferto con l‘Iran, ma l’Albiceleste è già a 6 punti e con due piedi negli ottavi…avercene di campioni abulici così, vero Balotelli?


Sempre ieri, in serata, la multietnica Germania di Joachim Löw. Strano e divertente allenatore tedesco, passato agli onori della cronaca per il suo recente ritiro della patente (ama la velocità anche sulle strade provinciali a quanto pare) e per essere costantemente pizzicato dalle telecamere mentre in panchina dà vita al suo ormai famigerato vizio-tic che impazza sul web: le dita nel naso a cercar chissà cosa
… Una Germania che appare meno solida e impenetrabile di quella degli anni ‘70/’80, ma che sfodera un gioco arioso e a tratti godibilissimo che proprio non eravamo abituati a vedere in terra tedesca. Ieri abbastanza in difficoltà in verità, contro un Ghana volenteroso e incredibilmente ingenuo, dal destino segnato quando nel secondo tempo entra la vecchia volpe Miroslav Klose che con un guizzo famelico (e arrivando a 15 reti in un mondiale, record in coabitazione con Ronaldo) fissa il risultato finale sul 2 a 2. Peccato per Muntari e compagni.

Ecco: è stato molto bello poter vedere e scrivere delle partite di Germania e Argentina nello stesso giorno. E se per caso in questo Mondiale brasiliano si ripresentasse l’occasione di un nuovo scontro Germania – Argentina, beh, non sarebbe una sfida qualsiasi per me. Avrebbe un sapore particolare, un intimo piacere, un piacevole tornare bambino. Anche all’ennesima replica.

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