CANNES 66 – Incontro con Steven Soderbergh e il cast di “Behind the Candelabra”

steven soderbergh

Un grande artista, amato dal pubblico, la storia “segreta” delle sua omosessualità e malattia, i vizi, i difetti, ma anche le sue doti e i talento. Il mondo del pianista star Liberace arriva a Cannes, grazie a Steven Soderbergh. Behind the Candelabra è la storia della sua relazione tormentata con il più giovane Scott Thorson, factotum e amante sul finire degli anni ’70. Interpretato da Matt Damon e Michael Douglas, rispettivamente nei panni di Thorson e Liberace, il film è stato accolto bene dalla stampa internazionale

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steven soderberghUn grande artista, amato dal pubblico, la storia “segreta” delle sua omosessualità e malattia, i suoi vizi, i suoi difetti, ma anche le sue doti e il suo talento. Il mondo del pianista star Liberace, raccontato da Steven Soderbergh, arriva a Cannes. Behind the Candelabra è la storia della sua relazione tormentata con il più giovane Scott Thorson, factotum e amante sul finire degli anni ’70. Interpretato da Matt Damon e Michael Douglas, rispettivamente nei panni di Thorson e Liberace, il film è stato accolto bene dalla stampa internazionale. In conferenza, oltre Soderbergh sono intervenuti lo sceneggiatore (e regista) Richard LaGravenese, il produttore Jerry Weintraub e i due fantastici protagonisti, con un Michael Douglas visibilmente commosso quando ha ricordato la sua battaglia contro il cancro.

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Chi tra voi ha conosciuto Liberace?

Jerry Weintraub. Io l’ho conosciuto. Per ovvie questioni di età. Era un personaggio straordinario, un grande pianista, conosciutissimo negli Stati Uniti di quei tempi. La sua è stata una vita eccezionale, condotta sempre sotto i riflettori. Conservava solo il segreto della sua omosessualità. E le donne lo amavano. Fino al momento della sua morte, i suoi concerti hanno sempre registrato il tutto esaurito.

Michael Douglas. L’ho incontrato brevemente quando avevo dodici anni. Mio padre aveva un casa a Palm Spring e Lee, come lo chiamavano gli amici, viveva poco lontano. Ricordo di averlo visto sulla sua Rolls Royce, era una giornata bellissima, c’era una luce straordinaria e mi ricordo di quella luce sulle sue borse e i suoi gioielli. Mio padre lo conosceva e mi diceva quanto fosse una persona generosa. Era un uomo che amava le belle cose. E potremmo dire che col suo stile ha anticipato personaggi come Elton John.

 

E cosa lo ha convinto a calarsi nei suoi panni?

Michael Douglas. Erano i tempi di Traffic, quando Steven mi chiese se avessi mai pensato di interpretare Liberace. Gli risposi: “cosa ho a che fare con me un personaggio così?” e pensai che fosse finita là. Qualche anno dopo, quando Steven ha trovato il libro Behind the Candelabra e Richard è stato chiamato alla sceneggiatura, è iniziata l’avventura. Ma poi c’è stato il mio cancro. Steven mi ha fatto un regalo con questo ruolo e sono davvero grato a tutti di avermi atteso.

 

liberaceAvete avuto timore a interpretare personaggi così lontani dalla vostra realtà? Come sono andate le riprese?

Matt Damon. È la settima volta che lavoro con Steven e stavolta, da un punto di vista tecnologico, si è spinto più lontano di ogni altro regista che io conosca. Ha creato un sito, a cui avevavamo libero accesso, per consentirci di seguire le riprese e la lavorazione del film in tempo reale. Abbiamo girato molto velocemente, in una trentina di giorni. E ogni sera, a casa, potevo riguardare quello che avevamo girato. Ed è stato molto importante, perché a dato a me e a Michael la possibilità di capire, in ogni istante, quale fosse la situazione. Girare un film, e Steven può confermarlo, come fare un grande mosaico murale, ma con il naso praticamente incollato al muro. Non sai mai dove ti trovi. Ma questo metodo ci ha consentito di seguire l’evoluzione della storia e dei personaggi passo passo.

Michael Douglas. Lo script di Richard era eccezionale, molto preciso anche sui ruoli secondari. Questo ha naturalmente reso le cose più semplici. È la prima volta che interpreto un personaggio famoso. C’era una differenza fisica importante tra me e Liberace, ma ho cercato di lavorare sulla musicalità della voce, sui toni, i modi. Ho cercato di mimare i suoi movimenti al pianoforte.

 

Questo film è prodotto dall’HBO, dalla TV. Può essere il segno della difficoltà attuale di trovare finanziamenti a Hollywood?

Steven Soderbergh. Per quattro cinque anni ci è stato detto che un film del genere non avrebbe attirato pubblico. Noi invece eravamo convinti che il pubblico, e non solo quello omosessuale, avrebbe risposto bene. Per un film di 25 milioni, bisogna immaginare un incasso di almeno 50 milioni. E un film come questo è sicurmante un rischio. Anzi, ad essere onesti, durante le riprese, non ero neanche in grado di dire che tipo di film sarebbe stato.



Cosa è cambiato nella percezione e nella tutela dei diritti degli omosessuali rispetto all’epoca di ambientazione del film, la fine degli anni ’70, un’epoca di passaggio?

S.S. Di certo sono stati fatti passi avanti, anche se restano dei problemi. Ma ci tengo a dire che non mi interessavano tanto le grandi questioni sociali, quanto il personaggio, la sua storia affascinante, le situazioni. Volevo fare un film che fosse al tempo stesso realistico e intimo, concentrato sulle relazioni tra i personaggi.

 

Sarà il suo ultimo film?

S.S. Vorrei davvero fare una pausa, non so per quanto tempo. Non posso dire se questo sarà il mio ultimo film. Di sicuro posso dire che, guardando indietro, posso ritenermi soddisfatto della mia carriera. E questo film mi riporta al primo, Sesso, bugie e videotape: due persone in una stanza, una relazione intima. C’è dunque una coerenza, ma sul piano dello stile c’è stato anche un progresso. Potrei dire che col tempo, sto sperimentando la semplicità, un’idea di realizzazione più diretta e immediata.

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