#Cannes76 – Si può fare?

In un festival che cambia e che resta uguale a sé stesso non possiamo garantire la stessa copertura sui titoli più importanti degli anni scorsi. Tra celebrazioni e disagi, vi raccontiamo cosa succede.

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Forse qualcosa è cambiato al Festival di Cannes. Da chi l’ha frequentato dall’inizio degli anni ’90, è stato sempre vissuto come un evento esaltante. C’è così tanto cinema che le ore di sonno, i pasti saltati passano in secondo piano rispetto all’euforia di essere qui. Perché a Cannes, sembra sempre di essere al centro del mondo, del cinema. E non ci si è resi conto che intanto il tempo passa, il pubblico cambia e così pure l’idea di festival. Nella scelta dei film da vedere c’è sempre l’imbarazzo della scelta. Ma è tale che stavolta, lo confessiamo, come Sentieri Selvaggi, non riusciamo a coprire non solo quello che vogliamo ma neanche alcuni dei titoli più importanti. Tra questi c’è l’atteso Strange Way of Life di Pedro Almodóvar con Ethan Hawke e Pedro Pascal. Era prevista un’unica proiezione, abbiamo cercato in tutti i modi di vederlo, prima prenotando on line il biglietto poi tentanto un’improbabile rush-line. Non ce l’abbiamo fatta. In altre occasioni, negli anni passati, si poteva recuperare con qualche replica. Quest’anno invece è prevista un’unica proiezione, pubblico e stampa insieme alla Debussy. Normale che non tutti entrano.

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Cannes è un festival che è stato ripensato. Oppure c’è l’illusione che sia stato ripensato soprattutto per il pubblico. La critica cinematografica va sempre più in secondo piano. Questione di scelte, forse condivisibili, forse no. Chissà. Però nella sua storia è un evento per cui la critica è stata essenziale proprio nella scoperta di nuovi cineasti, tendenze, sperimentazioni. E proprio qui si è avuta l’impressione che il cinema stava cambiando. Oggi Cannes non sembra avere più bisogno della critica. Ma la critica ha bisogno di Cannes. Per ogni tv, quotidiano, settimanale, sito di cinema, è l’evento comunque più seguito (nel caso di Sentieri Selvaggi assieme alla Mostra di Venezia). In ogni caso ci sarà questa sproporzione che nel corso dei prossimi anni potrebbe anche aumentare.

Poi ci sono i disagi. Prevedibili in ogni festival. Ma in questi due giorni si sono accumulati. A cominciare dai problemi tecnici. La proiezione di Monster di Horokazu Kore-eda, ieri in sala Bazin, è partita con mezz’ora di ritardo. Stamattina in Debussy Le règne animal di Thomas Cailley è stata interrotta a dieci minuti dalla fine perché non si sentivano più i dialoghi. È ripresa dopo 10 minuti, rifacendo però vedere tutto un pezzo del film.

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#Cannes76. Si può fare? Certo, si può fare. Non però come negli altri anni. Vi racconteremo i film che riusciremo a vedere ma siamo consapevoli che sarà una corrispondenza parziale che bucherà, rispetto alle edizioni precedenti, alcuni grandi titoli. Cercheremo di prenotare i biglietti, di provarci fino all’ultimo. Ce la faremo?

Cannes va verso la modernità? Forse sì, ma qui si ha l’impressione di essere rimasti nel Novecento. Davanti a una città che cambia sotto i nostri occhi, con locali abituali improvvisamente spariti (la crêperie, per anni nostro punto di riferimento dove si poteva mangiare velocemente a prezzi molto ragionevoli è sparita ed è stata sostituita da un locale fighettino nouvelle cuisine molecolare a 30 euro a piatto) ripiombiamo nel secolo scorso, nella rigidità delle etichette, nell’incapacità di affrontare tutto ciò che è imprevisto (se piove, anche forte, ti prendi l’acqua, non c’è modo di accedere dall’interno del palazzo del cinema alla sala a meno che non hai un accredito dove ti portano in hotel anche con la carrozza), in una cerimonia d’apertura che è sempre uguale a sé stessa nel mostrare, nelle impercettibili variazioni, l’indiscutibile amore per il cinema. Qualcosa però è cambiato. E qualche grande titolo gli inizia a fare la concorrenza, come La sirenetta, in uscita il prossimo 24 maggio. Si può fare?

 

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