Checkpoint Berlin, di Fabrizio Ferraro

Ferraro gira intorno al muro di Berlino, in cerca di uno spiraglio nella storia. Anteprima assoluta di Fuori Orario dopo il passaggio a Rotterdam, e dal 18 aprile su RaiPlay

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Fabrizio Ferraro, regista, fotografo, sceneggiatore, studioso di cinema e filosofia del linguaggio, è uno di quei giovani autori italiani, dal respiro internazionale, audace e ambizioso dal punto di vista dei contenuti, capace di amalgamare diversi registri narrativi e visivi, senza mai perdere il cammino intrapreso, seguendo i canali distributivi non convenzionali. Non è certamente cinema di trasversale fruizione, ma sicuramente non manca ad esso la caparbia convinzione di poter superare i limiti e i muri dell’indifferenza. Proprio di muri si parla, in quest’ultima opera presentata a Rotterdam, o meglio, si parla del muro per eccellenza del XX secolo, il muro che ha diviso due mondi, che ha squarciato la città: “Questa è una visione ampia. Il tempo è marcio e crepe allo stesso tempo. La condizione è miserabile o vile, la via d’uscita storta. Ma non c’è dubbio che la sua fine non sarà borghese” (Ernst Bloch). Un regista è invitato a presentare il suo ultimo film a Berlino e quest’ultimo trova questa occasione necessaria per avviare la ricerca di un suo zio, mai più ritrovato e del quale si dice ancora perennemente in cammino lungo il perimetro del muro, innalzato nel 1961 e abbattuto nel 1989. C’è effettivamente un uomo che cammina lungo un sentiero di una foresta, evidentemente poco fuori lo spazio urbano, potrebbe essere lo zio o magari idealmente Walter Benjamin, protagonista del precedente Gli indesiderati d’Europa. Il cammino dei due sembra lo stesso, seguendo le orme del docu-fiction, convogliando immagini di repertorio, foto dell’epoca, ambienti naturali, bianco e nero, colore, nella città sempre nuova costruita nel vuoto e sul vuoto.

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Il “passeur”, sarà davvero lo zio del regista? Una voce fuori campo lo segue dall’inizio alla fine, con il suo “dice…”. Appiccicoso, paludoso futuro quello in cui siamo finiti, in una caverna apparentemente senza uscita, con l’ipotetico zio che ripete catatonico: “Sono un venditore di candele, un vero perdente…”. Oltre il “passeur”, bisognerebbe conoscere il cartografo berlinese, colui che tirò la spessa linea bianca per innalzare il muro, perché avrà sicuramente lasciato una falla, un passaggio segreto per raggiungere l’altra parte, magari evitando le torbide acque del fiume Sprea. Il muro non può dividere il cielo, parafrasando Gianluca Falanga, e Fabrizio Ferraro segna così una sorta di antologia dell’inquietudine, giustapponendo passi nella storia e pensieri di aulica consistenza, leggeri turbamenti, spaventi improvvisi, una grazia gentile e onesta, una libertà pari alla compostezza. Ecco perché magari, Fabrizio Ferraro trova il suo contrappunto nel quadro del Guercino, “Incredulità di San Tommaso”. Il Guercino non avrà la forza del realismo caravaggesco, ma in quelle cinque dita della mano di San Pietro, indica i sensi di questo incedere, ognuno per conto suo e tutti insieme nella piaga del costato, senza capire come mai il morto, lo zio Gesù, sia lì vivo tra di loro. Ecco, per scelta o per necessità, il cinema di Ferraro sembra votarsi al nomadismo perenne, se consideriamo, tra gli altri, i precedenti Quattro notti di un straniero, sul viaggiare da Berlino a Berchidda del trombettista Paolo Fresu in Quando dal cielo, sulla peregrinazione incessante della scultura “Il Battesimo di Cristo” in Colossale sentimento, sul già citato Gli indesiderati d’Europa. L’avanzare della mdp alle spalle del protagonista intervallata con l’uso della soggettiva, lasciano che si entri nel centro più riposto e inimitabile della soggettività, costituito dallo sguardo, dalla maniera di creare una relazione indissolubile tra naturale a antropico. Perché arte, poesia, musica, filosofia, nel cinema, non sono altro che maschere e sinonimi dell’unico gioco per cui veramente valga la candela (del vero perdente…): vivere la propria vita fino in fondo.

Titolo originale: id.
Regia: Fabrizio Ferraro
Interpreti: Alessandro Carlini, Marcello Fagiani, Fabio Fusco
Distribuzione: Boudu
Durata: 64’
Origine: Italia, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
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