CINEMA. 1a Festa Internazionale di Roma – "Il Mondo Addosso", di Costanza Quatriglio (Extra)

Il valore del film risiede nella stessa “intentio” divulgativa delle immagini, affrancate dalla pretesa di offrire una risposta sbrigativa, mentre la tenera colonna sonora e il ricorso insistito al primo piano rappresentano espedienti quasi indispensabili per raccontarne la solitudine senza perdere di vista la vocazione “sociale” del progetto

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Già al suo debutto sul grande schermo con L'isola (presentato nella Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2003), la giovanissima Costanza Quatriglio aveva delineato i contorni di un approccio documentaristico estremamente rigoroso, dove l'indagine conoscitiva non precludeva però una costruzione in senso drammatico delle inquadrature e del montaggio. Nei lunghi piani sequenza de Il Mondo Addosso infatti, la tenera colonna sonora di Vladimir Dinissenkov e il ricorso insistito al primo piano sui quattro protagonisti rappresentano espedienti quasi indispensabili per raccontarne la solitudine senza mai perdere di vista la vocazione "sociale" del lungometraggio; anzi, è proprio la complicità spirituale della regista con i vari Cosmin, Inga, Mohammad Jan e Josif a costituire il principale fondamento estetico dell'opera, affinché la loro consueta lotta per l'esistenza diventi agli occhi del pubblico un'esperienza straordinaria. Per quanto tristemente "normale".

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Il valore del progetto risiede allora nella stessa "intentio" divulgativa delle immagini, affrancate da qualsiasi tentazione retorica e dalla pretesa di offrire una risposta sbrigativa: non a caso, l'autrice palermitana insegue spesso i personaggi su rotaie al confine labile tra speranza, rivincita, solitudine e disillusione, in cui la sorte gioca però un ruolo sin troppo arbitrario. I vagoni parcheggiati alla stazione Termini possono diventare quindi un approdo sorridente, oppure l'unica dimora possibile per i profughi esclusi dai centri d'accoglienza.


Mentre in Cose di Questo Mondo Micheal Winterbottom ricostruiva la tragedia del viaggio, la regista italiana sceglie ancora più coraggiosamente di riprendere l'arrivo dolce-amaro degli immigrati nella capitale, affidando il passato alle voci off dei ragazzi. D'altronde il problema investe direttamente gli spettatori e il presente, qui non si tratta di assistere con distacco a una tragedia remota. Il semplice atto di mostrare assume allora di per sé uno spiccato valore etico, che andrebbe completato da un gesto altrettanto nobile: guardarlo, questo film.

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