Civil War, di Alex Garland

Immortalare come atto lenitivo verso la violenza del reale, utile a trascenderla: Alex Garland si conferma teorico dell’audiovisivo, trovando stavolta anche il cuore caldo.

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

In apertura di Civil War, il presidente degli USA prova il suo discorso davanti allo specchio, un Jake LaMotta con l’ufficio ovale al posto di un club notturno. Davanti alle telecamere sosterrà che la vittoria nella guerra civile è vicina e sarà la più grande della storia del paese. La verità è che il fronte si avvicina sempre più a Washington DC e questo è tutto quel che sapremo sul conflitto. La violenza dilaga, come nelle proteste dove conosciamo la rinomata fotografa di guerra Lee e il suo collega Joel (una durissima Kirsten Dunst e un gigionesco Wagner Moura). Schivando una raffica di manganellate, Lee tira fuori da una ressa una giovanissima aspirante fotografa, Jessie (una Cailee Spaeny forse un po’ canonica). Con l’incoscienza tipica di chi comincia a inseguire la propria vocazione, vuole a tutti i costi partire insieme ai due giornalisti e al loro vecchio mentore Sammy, interpretato dal grande caratterista Stephen McKinley Henderson. La loro macchina, però, non punta come le altre verso il fronte. Il fuoco del loro obiettivo si sta spostando verso il bersaglio più importante. Vogliono intervistare quello che probabilmente sarà l’ultimo presidente degli Stati Uniti d’America. Per farlo, dovranno attraversare un pericoloso Interregno, dove il vecchio non è ancora crollato del tutto e il nuovo non è ancora germogliato.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Le opere della A24, che in 12 anni di vita è già una delle più importanti case di produzione e distribuzione al mondo (la loro bacheca conta già 16 Oscar su 55 candidature), sono sempre dei progetti concettualmente interessanti. Da Sping Breakers a Everything Everywhere All at Once, passando per Moonlight, Uncut Gems e The Whale, i film griffati A24 sono sempre costruiti in maniera chirurgica per dialogare col proprio presente, tanto a livello estetico quanto a livello tematico e di senso. Con Civil War, però, si è voluto alzare il tiro: un budget di 50 milioni di dollari (difficilmente quelli precedenti superavano i 15) e un tema di scottante attualità: una ricerca indica che il 40% degli statunitensi crede che nell’arco di dieci anni ci sarà una guerra civile; il racconto della guerra è il fronte immaginario della guerra in Ucraina e del genocidio palestinese. Alle redini di tale progetto non poteva che esserci Alex Garland. Non solo per i suoi trascorsi con la casa di produzione (per cui ha diretto Ex Machina e Men), ma soprattutto per il suo talento di teorico dell’audiovisivo, capace di innervarsi tra cinema, serialità e persino videogiochi e di sfidarne i limiti.

Tutto Civil War, rielaborando l’immaginario del collasso contemporaneo (da The Last of Us al videoclip di Alright di Kendrick Lamar) sembra ruotare attorno a un quesito: se in inglese scattare una fotografia si dice to shoot, qual è la differenza tra premere un grilletto e l’otturatore della macchinetta? In una delle prime tappe del loro viaggio, i protagonisti sono costretti a fermarsi per fare benzina. Incontrano un gruppo armato. Jessie si allontana, curiosa e ingenua, e uno degli uomini le mostra due persone sanguinolente, appese a una corda e a mala pena con la forza di supplicare per la propria vita. L’uomo che imbraccia il fucile ostenta la sua posizione di potere: “Chi uccido prima?”, chiede alla ragazza. Non se ne sono accorti, ma Lee li ha seguiti. “Vorrei scattarti una foto”, dice all’uomo. Centro. Nel momento in cui entra in scena l’occhio della macchina, tutto cambia. Gli equilibri di potere si invertono. La sua strafottenza è stata abbandonata. Mansueto, si lascia fotografare.

 

Immortalare diventa un atto lenitivo verso la violenza del reale. Non tanto per eliminarla, ma per darle quantomeno un senso, per affrontarla ed eventualmente superarla. Prima che venga aperta questa finestra sul mondo, prima che esso venga fermato in un frame, tutto non può che rimanere semplice sopravvivenza, cane-mangia-cane, l’unica legge quella del più forte (non è un caso che il grande carnefice del film sia l’unico che rifiuta totalmente di esser fotografato). Lo sa benissimo Lee quando viene incalzata da Jessie: la ritrarrebbe nell’atto di morire? Sì. Solo così potrebbe aprire alla scelta etica di non mostrarla. Ecco che nel cinema freddo e calcolato di Garland scopriamo apertamente un cuore caldo e pulsante, che batte nel petto della sua durissima protagonista Lee/Kirsten Dunst: uno spirito di sacrificio che abbraccia tutti al di là di ogni schieramento, donando al prossimo la possibilità di trascendere e di essere umani, di far emergere qualcosa dal bianco accecante: un’immagine.

Titolo originale: id.
Regia: Alex Garland
Interpreti: Kirsten Dunst, Wagner Moura, Stephen McKinley Henderson, Cailee Spaeny, Nick Offerman, Jesse Plemons
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 119′
Origine: UK, USA, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
Sending
Il voto dei lettori
4.27 (11 voti)

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array

    Scrivi un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *