Diabolik sono io, di Giancarlo Soldi

In sala da oggi al 13 l’esperimento con cui Soldi e l’attuale direttore di Diabolik Mario Gomboli raccontano il Re del Crimine e inventano la vita possibile del misterioso disegnatore Angelo Zarcone

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Giancarlo Soldi continua la sua opera di approfondimento sul mondo del fumetto italiano, che di fatto costella la sua filmografia documentaristica, e dopo gli episodi dedicati – tra gli altri – a Tex e a Tiziano Sclavi, si prende, per questa sortita incentrata sull’universo di Diabolik, un po’ di libertà in più inserendo, nell’abituale comparto di interviste, vignette “animate” dai movimenti di macchina e materiali d’archivio, delle ampie sezioni di finzione. Diabolik sono io non si limita infatti ad indagare le tracce del mistero di Angelo Zarcone detto “il tedesco”, il disegnatore del primo albo del Re del Terrore del 1962, personaggio singolare nei corridoi della redazione milanese delle edizioni Astorina, e della sua sparizione avvenuta subito dopo la consegna delle tavole del numero 1.
Che fine ha fatto Zarcone, e quanto di sé è presente nella caratterizzazione grafica impressa da lui al personaggio di Diabolik, e che segnerà poi per oltre 50 anni l’icona di uno dei fumetti-simbolo del nero italiano?

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E allora Soldi e Mario Gomboli, l’attuale editore, direttore responsabile e curatore dei soggetti di Diabolik, s’inventano l’avventura di uno smemorato Zarcone (Luciano Scarpa) che cerca di rimettere insieme i pezzi del suo passato attraversando una serie di stazioni in un universo vicino a quello di Diabolik, compresa la complicità di una musa da evakantizzare (Claudia Stecher).
In questa maniera il documentario inanella i grandi temi dell’epica del personaggio delle sorelle Giussani, come la rivalità con Ginko, le accuse della società benpensante degli anni ‘60 di instillare nei giovani lettori una fascinazione per il crimine, o la neutralità “componibile” della cittadina di Clerville, affiancando gli interventi di appassionati ed esperti (Carlo Lucarelli, Gianni Bono, Milo Manara, Alfredo Castelli, ma anche i Manetti Bros prossimi al loro nuovo progetto di film proprio su Diabolik, a 40 anni di distanza dal cult di Mario Bava del ’68), con sequenze in stile noir metropolitano in cui questo Zarcone “di fantasia” vaga alla ricerca della propria identità perduta di uomo, disegnatore e addirittura personaggio.

Al netto degli inserti di fiction, che comprendono anche interviste ricostruite (all’avvocato di Diabolik o al suo ricettatore di diamanti…), un impianto che risente di uno slancio un po’ diseguale (supportato però dalla partitura d’eccezione firmata Teho Teardo), le apparizioni di repertorio delle sorelle Angela e Luciana si rivelano puntualmente irresistibili, un tesoro prezioso per certificare il magnetismo immutato del glaciale pragmatismo, dell’innato senso della giustizia e della scaltra intelligenza di Diabolik e dei suoi tanti misteri, mantenuti irrisolti da caratterizzazioni che non hanno perso in tanti decenni il loro carattere di generica, retinica fumosità (Diabolik bambino unico sopravvissuto del naufragio in cui trova la morte Fantômas?).
E in cui è obiettivamente irresistibile la tentazione di far confluire anche il paradossale destino oscuro del suo primo disegnatore.

Regia: Giancarlo Soldi
Interpreti: Luciano Scarpa, Claudia Stecher
Origine: Italia, 2019
Distribuzione: Nexo Digital
Durata: 105′

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