Elijah Wood: la scimmia e il camaleonte
C’è qualcosa in Elijah, nel suo modo di apparire candidamente privo di anima, da renderlo capace di restare in equilibrio fra camp e gore, di essere nessuno e centomila. E mentre si aspetta che il camaleonte Wood suoni l’ultima nota di Il ricatto di Eugenio Mira, lasciamo al web di Open Windows la chiosa sulla versatilità di questo giovane attore…
Elijah cresce, supera il definitivo abbandono del padre, vive i primi amori e colleziona vinili (oggi ne ha circa 4000) roteando la testa sulle note degli Smashing Pumpkins. Dal 1991 al 2001 partecipa ad altri 14 film fra cui Flipper di Alan Shapiro, di cui apprezza unicamente i delfini, il fratello gemello di Armageddon, Deep Impact di Mimi Leder, prodotto da Steven Spielberg, e Black and White nel ruolo di Wren, dove il rap dei Wu-Tang Clan morde come il gigante Tyson.
Arriva il 2001, odissea nella contea: con la partecipazione al primo capitolo della trilogia Il Signore degli Anelli firmata Peter Jackson, Elijah comincia a vivere-Frodo, fuori e dentro, durante e dopo il set. Si aggiudica l’Empire Award per il miglior attore, porta a casa i lunghi piedi e le orecchie dell’hobbit, un tatuaggio con simbolo elfico del numero 9, e naturalmente il tesoro. Nonostante la comodità degli abiti Baggins, il putto di Hollywood scalpita per uscire dall’olimpo del mainstream e affrontare il cinema oltre la terra di mezzo. Partecipa al film Ash Wednesday scritto e diretto da Edward Burns, vestendo i panni del redivivo Francis Sullivan nell’Irlanda delle ceneri. Il film spiana la strada al "gondriano" Eternal sunshine of the spotless mind, dove il subdolo Patrick si insinua nei ricordi
C’è qualcosa in Elijah, nel suo modo di apparire candidamente privo di anima, da renderlo capace di restare in equilibrio fra camp e gore, di essere nessuno e centomila. Diventa Matt Buckner e gioca il ruolo dell’aspirante giornalista yankee espulso da Harvard, e alla rovescia, aspirante membro della GSE tra i quasi fratelli Hooligans: lo "sbarbatello" picchia duro e si procura una cicatrice.
Il male lo comanda dal cielo e lo protegge in terra nel film che consacra il suo talento omicida, Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez, propedeutico al più recente Maniac, remake del film cult di William Lustig, nel quale viviamo attraverso i suoi respiri la purpurea solitudine di Frank Zito. Poi arriva l’Ucraina di Jonathan Safran Foer e torna quel viso pulito, rassicurante che vede scivolare il tempo di Ogni Cosa è illuminata nella circolarità dell’eterno ritorno. Nel 2006 partecipa al film collettivo Paris, Je t’aime, presentato al Festival di Cannes 2006 e al Toronto Film Festival, e si ritaglia la sua piccola storia nel collage di Bobby, firmato Emilio Estevez (nel cast anche papà il Martin), dove William rappresenta quell’ umanità senza scampo, votata al sacrificio e seppellita al confine col Vietnam. Elijah recita affianco a John Hurt nel thriller Oxford Murders – Teorema di un delitto, per poi tornare al romanticismo flautato di The Romantics. Un salto nel piccolo schermo lo conduce nel sogno lucido di Wilfred, dove un cane prende le sembianze umane insieme alle redini della sua depressione. Preparato per vestire i panni "dell’insostenibile amico gay" in Separati innamorati, Elijah recita in corner, cinico, attillato e di giallo vestito. Torna per Jackson nel 2012, l’annata de Lo Hobbit-Un viaggio inaspettato, ma non solo: Elijha completamente emancipato dall’insostenibile leggerezza dell’anello, fonda The Woodshed, casa di produzione per il cinema horror assieme a Daniel Noah e Josh C. Waller. E mentre si aspetta che il camaleonte Wood suoni l’ultima nota de Il ricatto di Eugenio Mira, lasciamo al web di Open Windows la chiosa sulla versatilità di questo giovane attore.
Trailer di Open Windows di Nacho Vigalondo