EURO 2020 – Torneranno i prati…
Questi Europei rappresentano un segno diverso, una sorta di interpunzione della Storia, che prova a ridistribuire lo spettacolo calcistico in un’Europa ancora convalescente per la Pandemia
“Lasciamo ad altri il compito, sublime, di raccontare dei calciatori emersi e di quelli, invece, sommersi. A noi resta forte l’immagine di un mondiale cristallizzato, congelato in un sistema che, tra tattica e nuove tecnologie (la VAR) ha reso lo sport più popolare al mondo sempre più statico e frammentato, perdendo viepiù quella fluidità e naturalezza che ne ha caratterizzato da sempre il suo fascino e, forse, essenza. Ma forse questo paradosso del correre sempre di più e far decidere le partite da calci da fermo – se non da veri lunghi attimi di stop conseguenti alla visione della VAR, sembra raccontarci, a suo modo, come siamo diventati. Siamo dappertutto e in nessun luogo. “Siamo veloci, veloci. E’come se corressimo sull’onda del programma invasore, scivolando sopra il ribollire in continuo movimento dei sistemi sabotatori. Siamo macchie di olio pensanti, trasportate lungo corridoi d’ombra. Da qualche parte abbiamo dei corpi, molto lontano, in una mansarda stipata con il soffitto ci acciaio e vetro. Da qualche parte abbiamo microsecondi, forse il tempo sufficiente per uscirne”. (William Gibson, Burning Chrome)”
Ripartiamo dall’ultima volta, estate 2018, quando ci siamo occupati dei Mondiali di calcio in Russia, proseguendo una tradizione per Sentieri selvaggi, nata nel 2006, di occuparci di calcio ogni 4 anni, quando il mondo si ferma per i Campionati Mondiali.
Che succede oggi? Intanto siamo nel 2021, ma sta per iniziare una Europeo che si chiama, dichiaratamente, UEFA EURO 2020. Ecco, già nel nome di questa manifestazione c’è un magnifico slittamento temporale. Si, siamo ancora al 2020, l’anno in cui “il mondo si è fermato”, forse l’anno che non è ancora terminato… E, contemporaneamente, per la prima volta, una manifestazione calcistica di questo livello non si tiene in uno o due Paesi, ma si espande spazialmente in 11 città in altrettante nazioni, come una sorta di “virus” che contamina di calcio tutto il “vecchio continente”.
Spazio espanso e tempo fermato, quasi una contraddizione fisica, ma certamente questi Europei di Calcio rappresentano un segno diverso, una sorta di interpunzione della Storia. Qualcosa che prova a ridistribuire lo spettacolo calcistico in un’Europa ancora convalescente per la Pandemia da SARS-CoV-2, bloccando simbolicamente nel nome l’evento a quel 2020 dove il mondo intero si è dovuto fermare, o quantomeno rinchiudere dentro logiche, anche di libertà individuali, che non conoscevamo dall’epoca delle dittature. La vecchia Europa, quella uscita massacrata dalla Guerra Mondiale ma che in fretta era riuscita a ricostruire sulle macerie un mondo libero e democratico, improvvisamente riscopriva i divieti, la chiusura forzata dei cittadini nelle proprie case, persino uno strumento simbolicamente di guerra come il coprifuoco (peraltro ancora attivo nel momento in cui scriviamo). Insomma un anno di quarantena, un anno “mancante”. E quindi in qualche modo da rivendicare nel primo spettacolo calcistico globale che prova a tornare alla “normalità” (ma con gli stadi ad un terzo della capienza).
Per un anno e passa però il calcio, come altre attività, non si è fermato. Ha proseguito nella propria “bolla” senza l’elemento essenziale che lo ha sempre contraddistinto e reso lo spettacolo globale del ‘900: il pubblico. Un anno con gli spalti vuoti, con le partite senza cori e tifo, con le urla degli allenatori e quelle, spesso da Actor’s Studio, dei giocatori… Il calcio (e il mondo?) è diventato definitivamente un evento, uno spettacolo per gli schermi. Come il cinema il calcio è diventato definitivamente bidimensionale (dove sono finite le TV 3d di qualche anno fa?). Le partite sono diventate, per lo spettatore, irriconoscibili. Alcune tv hanno provato per un po’ a riprodurre artificialmente il “muro sonoro” registrato del tifo, ma questo ha provocato un ulteriore effetto di straniamento (ricordo una partita della Roma che perdeva in casa con l’Udinese con il “pubblico artificiale” che incitava la squadra come ai vecchi tempi, mentre oggi avrebbe duramente contestato i giocatori…).
Ecco, lo spettacolo calcistico (e il mondo) in questi 2 anni 3, dal 2018, sembra definitivamente cambiato. E per una volta come Sentieri selvaggi proviamo a raccontare un Campionato Europeo, che ci appare come un luogo dove il vecchio e il nuovo si incroceranno. Il primo europeo che si disputa in un anno dispari, il primo appunto espanso in 11 Paesi, il primo con la VAR, il primo (e ultimo?) con le 5 sostituzioni.
Si parte da Roma e si finisce a Londra. L’Europa del calcio non conosce Brexit, anche se la vicenda della Superlega non è ancora chiusa del tutto e, a suo modo, assomiglia alla rescissione europea operata dai britannici. Ma in questa Europa del calcio ci stanno (ancora) dentro tutti, dalla Turchia alla Russia, passando per la contesa Ucraina e la sempre neutrale Svizzera.
Come lo racconteremo? Come sempre, e qui posso comodamente riprendere, ancora, il pezzo introduttivo a Russia 2018: “Sarà un lavoro di ricerca di frammenti, corpi, personaggi, storie, da raccontarvi, partita per partita, giorno per giorno. Non un lavoro compilativo – ci sono altri siti specializzati che svolgono con efficacia questo ruolo – quanto invece un lavoro di analisi e sintesi, di scoperta e riflessione, di rilettura del calcio secondo i nostri parametri di “studiosi” dell’immaginario collettivo.”
E, a proposito di gioventù, occhio alla Turchia, che incontriamo nella prima partita, loro si sono la nazionale più giovane del torneo (media 25 anni!) che potrebbe avere soprattutto nella prima fase un dinamismo e un entusiasmo che potrebbe sorprendere. Sulle altre squadre mai come quest’anno ci si trova di fronte a tante incognite. Nazionali con grandi tradizioni come Spagna, Germania, Inghilterra, vivono un ricambio generazionale non completamente risolto (soprattutto la Germania), mentre altre che hanno dei giocatori di grandissima qualità come Belgio e Olanda, appaiono sempre delle magnifiche incompiute. E se il Portogallo, vincitore a sorpresa di 4 anni fa, confermasse questa sua forza che non è solo nel suo fuoriclasse CR7 ma in una rosa di altissima qualità?
Ma c’è una cosa che ha sempre reso gli europei, a suo modo, affascinanti. Non sempre vince il favorito, o il più forte. Su 13 edizioni svolte finora ben 7 nazionali hanno vinto una sola volta, con sorprese straordinarie come la Danimarca nel 1992, la Grecia nel 2004 e lo stesso Portogallo nel 2016. Chi potrebbe essere la sorpresa di Euro 2020? Se dovessimo seguire il ranking UEFA delle nazionali al 2021 la favorita sarebbe l’Inghilterra che, incredibilmente, non ha mai vinto un Campionato Europeo di Calcio. Sarebbe paradossale vederla vincere l’Europeo subito dopo la Brexit.
Dopo oltre un anno di partite “silenziose”, si tornerà (come già parzialmente avvenuto con le due finali di club UEFA) a vedere e sentire il pubblico. Potremmo anche tornare allo stadio, vaccinati, tamponati, greenpassati, dentro un nuovo “contenitore tecnico” dei Diritti delle persone, che dal 1 luglio riguarderà tutti i cittadini di Europa. Se nel 2018 le Pussy Riot, le punk-girl simbolo dell’opposizione russa al regime di Putin, segnarono il momento mediatico della contestazione al regime di Putin, che accadrà in questo torneo che si disputa in cosi tanti Paesi? Ci saranno contestatori no-vax? Oppure qualcuno che, più saggiamente, metterà in discussione la “crisi del diritto” che stiamo vivendo in questi anni di Pandemia?
EURO 2020 sembra un magnifico e terribile momento di passaggio, da come eravamo a come siamo diventati. E il calcio come spesso accade diventa la metafora, o la cartina al tornasole, della società.
Buon divertimento, e buone letture!
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